Comunicazione inclusiva: parlare, senza escludere
Parlare a tutti, nessuno escluso. Questo è, in linea di massima, l’obiettivo finale di ogni forma di comunicazione, inclusa quella pubblicitaria. Eppure, nello stesso “parlare a tutti, nessuno escluso” è già presente una forma di esclusione, in questo caso dettata dal genere. Il maschile sovraesteso, ampiamente diffuso e radicato nella lingua italiana, crea effettivamente una forma di discriminazione sia nei confronti del genere femminile, sia in chi non si riconosce in alcun genere e si auto-definisce una persona non binaria. Abbiamo qui fatto solo un piccolo esempio, ma in realtà l’esclusione di interi gruppi sociali dai destinatari di un certo tipo di comunicazione avviene quotidianamente, e purtroppo in maniera automatica. Il primo passo per non ripetere questo comportamento, quindi, è quello di prenderne coscienza e rendersene conto. Un compito affatto semplice, visto che alcuni paradigmi linguistici ci accompagnano fin dalla nascita; un compito, inoltre, che richiede uno sforzo notevole di impegno per trovare le parole giuste e includere la totalità delle persone destinatarie della nostra comunicazione.Comunicazione inclusiva significa pensare a chi non stiamo pensando nella nostra comunicazione.
Il Manifesto della comunicazione inclusiva e non ostile
Da dove cominciare per cambiare la nostra comunicazione verso una maggiore inclusività?
Delle ottime linee guida da cui partire si trovano nel Manifesto della comunicazione inclusiva e non ostile, redatto dall’associazione Parole Ostili. Parole Ostili è un progetto di natura sociale che combatte l’uso violento e discriminatorio delle parole; da questo principio nasce il Manifesto, declinato in dieci punti:
- Virtuale è reale. Comunicazione online e offline non hanno differenze in termini di rispetto delle fragilità e delle diversità tra persone; differenza che purtroppo ancora si manifesta abbondantemente fra i commenti dei “leoni da tastiera” sui social network.
- Si è ciò che si comunica. La propria identità non deve essere nascosta o sottovalutata, in nessun momento. Ogni persona è libera di scegliere se e come definirsi; la diversità è sempre un valore aggiunto, e la propria natura o personalità non devono essere motivo di vergogna.
- Le parole danno forma al pensiero. Bisogna porre attenzione alle parole che si scelgono per non cadere in cliché, stereotipi, allusioni o pregiudizi, preferendo sempre termini gentili e appropriati.
- Prima di parlare bisogna ascoltare. L’abbattimento del pregiudizio nasce proprio dal sapere davvero cosa pensa e cosa prova la persona, o il gruppo di persone, con cui abbiamo a che fare. Le diverse opinioni non minano il valore delle proprie opinioni, ma sono funzionali ad aggiungere nuovi punti di vista e ad ampliare la prospettiva su determinati argomenti.
- Le parole sono un ponte. …e non un muro. Nella scelta delle parole, bisogna porre la giusta attenzione a cercare dei termini che invitino al dialogo, al confronto, e non all’isolamento nelle proprie convinzioni e opinioni. Il linguaggio può creare una comunione d’intenti, sempre nel rispetto delle diversità.
- Le parole hanno conseguenze. Così come ogni scelta che si compie quotidianamente, dalle piccole alle grandi decisioni, anche le parole possono cambiare il corso degli eventi e muovere le persone verso una direzione precisa. Mai dimenticare che ad ogni azione corrisponde una reazione, e questo vale anche nel linguaggio.
- Condividere è una responsabilità. Nell’epoca che si contraddistingue per l’ampia informazione, spesso non controllata, tutti e tutte siamo responsabili di ciò che viene diffuso e dato come giusto e vero. Controllare le fonti è quindi un atto responsabile verso chi riceve il nostro messaggio.
- Le idee si possono discutere. Le persone si devono rispettare. Non sempre è facile partire dal presupposto che quello che stiamo dicendo possa essere sbagliato. Eppure, anche quando la pensiamo diversamente dalle persone con cui stiamo parlando, non dobbiamo mai dimenticare che anche la loro opinione conta e ha lo stesso valore della nostra, poiché nasce da una valida esperienza di vita.
- Gli insulti non sono argomenti. Gli insulti costruiscono muri, non ponti. Gli insulti non aggiungono argomenti validi alle discussioni, non consentono un chiaro scambio di opinioni e giudicano la persona, non le sue idee. Per questo non hanno alcun senso all’interno di un dialogo, e anzi sono dannose per la costruzione di ogni rapporto sociale.
- Anche il silenzio comunica. Il silenzio può avere una doppia funzione: placare gli animi nelle discussioni accese, consentire un ascolto migliore, dare il tempo di ragionare. Ma può anche tradursi come volontà di ignorare un’opinione, se non le si dà adeguato ascolto.
Il segreto di una buona comunicazione inclusiva è solo una: pensare.
“Pensa, prima di parlare pensa” cantava qualche anno fa Fabrizio Moro, e si potrebbe serenamente aggiungere “anche prima di scrivere, pensa”.
Soprattutto sui social, patria di ogni voce senza discriminazione, ma anche nella pubblicità, che è il nostro mestiere: chiedersi se quello che stiamo scrivendo può escludere un gruppo di persone, o addirittura offenderle in qualche modo, è il primo passo per allontanarsi da questo tipo di messaggi.
Le alternative all’orizzonte sono diverse, e a volte divisorie, come nel caso degli asterischi o dello schwa per rimuovere il genere maschile/femminile presente nella lingua italiana. Si tratta, comunque, di soluzioni possibili, più o meno gradevoli e accettate, a un problema realmente esistente; ciò che conta, comunque, è che si prenda atto del problema della discriminazione, e che l’attività di comunicazione sia rivista sotto quest’ottica.

Ciao, sono Simona e una delle prime parole che ho pronunciato è stata “panna” (penna, ma sono palermitana e tendo ad aprire le vocali).
Ho iniziato a scrivere per raccontare, per informare, per non dimenticare impegni, per appuntare idee e per far divertire.
Così sono finita a fare la copywriter. Con tutto rispetto per tutti, il mio è il lavoro più bello del mondo.
Crescere (e vendere) su Instagram: 5 strategie per la tua community
Un miliardo di utenti attivi, metà dei quali accede ogni giorno alla piattaforma: Instagram non è più un social in ascesa, ma ormai una realtà consolidata che ogni azienda vuole utilizzare per ottenere un risultato. La natura di questo risultato può anche variare, in funzione dell’obiettivo che l’azienda si pone: a differenza di quanto si possa pensare, infatti, non sempre vendere è la finalità di ogni strategia di marketing. Anzi, tutto il contrario: proprio sui social, e in particolare su Instagram , l’azione dell’acquisto arriva dopo un lungo processo di interazione tra brand e persone. Interazione, brand, persone: sono queste le tre parole chiave da tenere come punto di riferimento per ogni strategia di crescita Instagram, perché proprio questi elementi costituiscono le fondamenta di qualsiasi community presente sul social network.
Follower, community, fanbase: le differenze
Di cosa parliamo davvero quando diciamo “crescere su Instagram”?
Esistono davvero tanti parametri di riferimenti all’interno della piattaforma per definire un solo percorso di crescita per ogni brand.
In generale, gli obiettivi che si possono perseguire nella definizione di una strategia di crescita Instagram sono tre:
- aumento dei follower;
- aumento dell’engagement;
- aumento delle vendite.
L’ultimo dei tre è quello, ovviamente, più auspicabile, ed è anche l’unico che può derivare dai primi due obiettivi e non viceversa. Per incrementare gli acquisti deve obbligatoriamente aumentare uno dei due fattori, i follower o l’engagement – in realtà quello davvero importante è solo uno dei due, ma prima di scoprire quale, diamo una corretta definizione di entrambi i termini.
Follower
I follower rappresentano la totalità delle persone che segue il tuo profilo Instagram. Sono facili da individuare, in quanto Instagram, sulla parte alta del profilo, li segnala chiaramente sotto la voce “follower”.
Il fatto che seguano il profilo non deve però dare l’illusione che seguano ogni nostra pubblicazione, che siano realmente appassionati del nostro brand e che non si perdano un solo post, come speriamo effettivamente.
Questo risultato, e di conseguenza una più alta probabilità di acquisto, si ottiene solo creando una community.
Community
Come suggerisce lo stesso termine, una community è una comunità di persone che hanno in comune un interesse o una passione. Nel caso di Instagram, la community si forma intorno a un brand che trasmette dei valori in cui le persone possono riconoscersi.
Questo è ciò che succede quando un brand non si limita a parlare dei suoi prodotti, ma dialoga con gli utenti che lo seguono e forma delle relazioni: risponde sempre ai messaggi privati e ai commenti sotto i post, crea delle challenge che coinvolgono gli utenti, organizza eventi offline promuovendoli su Instagram, mette in atto delle azioni che spingono le persone verso una risposta.
Il follower non subisce più passivamente i contenuti del profilo Instagram, ma diventa parte attiva. È anzi contento di far vedere la propria passione, postando anche in maniera spontanea delle immagini che lo ritraggono mentre usa il prodotto o il servizio del brand relativo.
Quindi, come comportarsi tra follower e community?
Possiamo uscire fuori dal mondo di Instagram e fare questa stessa domanda utilizzando altre parole: è meglio avere tanti conoscenti, o pochi amici, ma buoni?
Il principio è esattamente lo stesso. Avere tanti follower può rendere un brand più conosciuto, è vero, ma tale conoscenza può rimanere sempre a un livello superficiale se non si investe nelle relazioni con i propri follower e non si coltivano le passioni in comune con il proprio target, creando contenuti condivisibili in cui è facile riconoscersi.
Creare una community è proprio questo: ascoltare le richieste delle persone che ti seguono, i loro bisogni, le loro necessità, i loro dubbi, e condividere con loro progetti, idee, contenuti utili che ti rendano parte della tua stessa comunità.
Crescita Instagram: 5 strategie utili per la tua community
Quindi, in che modo si possono trasformare follower passivi in partecipanti attivi della tua community?
Qui ti suggeriamo cinque tecniche facili da applicare, che non richiedono alcuno sforzo economico, e che puoi replicare ogni volta che vuoi per “trascinare” dentro il tuo brand le persone giuste, che diventeranno poi tuoi clienti.
Parti dall’analisi dei tuoi contenuti
È difficile stabilire come andare avanti bene, se non sai qual è stata la reazione di chi ti segue ai tuoi post precedenti. Analizzare i contenuti già pubblicati e i risultati che hanno portato è un’operazione da fare costantemente, prima di pianificare nuovi contenuti e dare una direzione chiara e profittevole al tuo profilo.
Stabilisci un piano editoriale
La spontaneità, su Instagram, è la strategia migliore? Non sempre. Il profilo rigido, tutto pianificato nel minimo dettaglio, può non essere la soluzione migliore; in ogni caso, però, pubblicare solo seguendo le mode del momento, il pensiero del giorno o spunti di riflessione che non hanno un filo logico e conduttore tra un post e l’altro, fa sì che il risultato finale non sia coerente e le persone faticano a capire bene cosa vuoi dire.
Il piano editoriale è uno metodo di programmazione dei post che puoi realizzare su un foglio Excel, inserendo date, orari, macro argomenti e obiettivi che vuoi ottenere da ogni post. In questo modo puoi programmare con largo anticipo i contenuti del tuo feed, basando sui risultati ottenuti dall’analisi precedente.
Mettici la faccia, mettiti in gioco
Le persone si affezionano più alle persone che ai brand. Ecco perché, specialmente se il tuo è un brand personale o un’azienda familiare e nascente, metterci la faccia e parlare direttamente al tuo pubblico potrebbe essere la soluzione migliore per creare un reale affetto tra te e il tuo pubblico.
Un consiglio: non perseguire la perfezione a tutti i costi! Non aspettare di avere i capelli perfetti, il trucco perfetto o la luce più indicata per risaltare la tua bellezza. Chi ti segue ha bisogno di verità, non di filtri costruiti.
Instaura relazioni con altri brand o influencer
Ogni persona che decide di seguirti seguirà sicuramente altri brand o influencer, e se vi segue entrambi è probabile che ci sia tra te e loro una serie di punti in comuni quali gli argomenti trattati, il target che vi segue, il tono di voce e altri fattori.
Una buona opportunità per attirare ancora più follower in target è quella di creare dei sodalizi, sotto forma di dirette Instagram, post complementari, sponsorizzazioni e altro ancora, che riportino uno al profilo dell’altro e vi conoscano e riconoscano come personalità affini, entrambe da seguire.
Cura il tuo feed (anche graficamente)
Foto stock? No, grazie! Se l’intento è quello di far conoscere te e la tua azienda in maniera trasparente e onesta, conta sul fatto che condividere foto di vita reale e dei tuoi prodotti in situazioni di utilizzo quotidiano ha un appeal molto più alto di immagini esteticamente perfette, ma non rappresentative di te.
Oltre alla scelta delle foto da pubblicare, un feed armonico nei toni e nei colori ha una resa estetica molto più alta e risulta maggiormente accattivante per i potenziali follower.
Ricapitolando…
I social sono un lavoro a tempo pieno, che richiede uno studio attento dei risultati e una pianificazione ad hoc per i tuoi utenti. Se hai bisogno di un’agenzia di comunicazione a Palermo per i tuoi canali social, contattaci.

Ciao, sono Simona e una delle prime parole che ho pronunciato è stata “panna” (penna, ma sono palermitana e tendo ad aprire le vocali).
Ho iniziato a scrivere per raccontare, per informare, per non dimenticare impegni, per appuntare idee e per far divertire.
Così sono finita a fare la copywriter. Con tutto rispetto per tutti, il mio è il lavoro più bello del mondo.
Come creare un logo che parla davvero della tua azienda?
Il logo è la tua faccia, online e offline. Non c’è scampo: appena il tuo logotipo sarà visibile su cartelloni, post sui social, t-shirt o siti partner, sarai irrimediabilmente associato ad esso e sarà davvero difficile discostarti da quella immagine. Il logo è quindi immutabile? Non proprio: esempi di loghi che cambiano nel tempo ne troviamo diversi. Eppure, ogni volta, ogni modifica sul logo assume (e riassume) delle caratteristiche che si sposano sempre alla perfezione con l’identità dell’azienda, la brand identity di cui abbiamo parlato in questo articolo. Si capisce, quindi, che un logo è ben più di un disegno carino, e la scelta deve andare oltre il proprio gusto estetico personale. Vediamo tutti gli aspetti da considerare per capire se un logo può funzionare davvero. Gli elementi che compongono una brand identity sono diversi, ma si possono brevemente riassumere in tre macro categorie: identità visiva, identità verbale, mission e vision. Il logo è l’elemento distintivo più rilevante all’interno dell’identità visiva: con un colpo d’occhio viene memorizzato nella mente del cliente e del potenziale cliente, e diventa così riconoscibile tanto quanto l’azienda stessa che rappresenta. Anche se non sono due termini esattamente corrispondenti, logo e marchio restano legati a doppio filo dagli intenti che hanno in comune. Ricordiamo infatti che il marchio contiene tutti gli elementi visivi e grafici di un brand, quindi anche il logo (insieme ai colori, ai simboli, al naming, al payoff e ai font); il logo resta, però, la componente più forte e immediata per trasmettere subito il senso e i valori di un brand, in maniera inequivocabile. Logo della tenuta agricola Pescheto, realizzato dalla nostra agenzia. L’applicazione della fogliolina sulla “c” richiama la pesca, coltivata nel frutteto adiacente alla tenuta. Prima di aprire qualsiasi programma di grafica (o di rivolgerti a un grafico esperto per realizzare il tuo logo), fermati a riflettere su cosa vuoi far sapere di te nell’immediato ai tuoi potenziali clienti. Analizziamo questa frase, per capire meglio il concetto fondamentale alla base di ogni logo. Cosa fa la tua azienda? Meglio ancora: cosa può fare per i suoi clienti? Concentrati specialmente su quest’ultima domanda, la più importante per trovare una proposta di valore da declinare su tutti i tuoi contenuti, anche quelli visivi. Il nostro cervello elabora le informazioni in millesimi di secondo, poiché include delle codifiche che semplificano la comprensione di ciò che esiste intorno a noi. Questo significa che, appena vediamo qualcosa, nel nostro cervello scattano immediatamente dei meccanismi che permettono di dare subito un giudizio e farci un’idea chiara su cosa stiamo guardando. La scelta di un colore, di un font, di un’immagine specifica ricreata con il logo veicola quindi delle informazioni che vengono subito codificate, e pertanto è fondamentale scegliere le caratteristiche giuste. Partendo da questo assunto, vediamo quali sono i tre step da seguire prima di creare un logo di qualsiasi genere. Il restyling del logo della pizzeria Mastunicola, a cura della nostra agenzia. Torniamo sulla domanda principale. Chi siamo? Cosa possiamo fare per i nostri clienti? Come vogliamo comunicarlo e presentarci al mondo? Per rispondere in maniera approfondita a queste domande, ti consigliamo di leggere il nostro articolo dedicato all’individuazione della unique selling proposition. Non lo ripeteremo mai abbastanza: conoscere il tuo pubblico e piantonare tutti i luoghi in cui si trova, sia online che offline (ma oggi, soprattutto online) è una marcia in più per prendere le giuste scelte per la tua azienda. Quando avrai ben individuato il tuo target, anche attraverso la costruzione di buyer personas molto specifiche, saprai anche quali gusti hanno, cosa guardano con piacere, quali stilemi colgono la loro attenzione e come mantenere l’interesse verso di te, a prescindere dalle mode del momento. Tutti elementi utili per il tuo logotipo. Dai grandi si prende sempre ispirazione. Dai vicini di casa, meglio di no. La concorrenza va studiata per individuare punti di forza e di debolezza, ma soprattutto per non ripetere gli elementi distintivi che caratterizzano i concorrenti e trovare, nella differenza, la tua unicità. Se stai scopiazzando… si vede subito! Come dicono, giustamente, Al Ries e Jack Trout nel loro “Le 22 immutabili leggi del marketing”: se non arrivi primo, meglio cambiare completamente posizionamento, anche nelle scelte grafiche. Il Logo del ristorante palermitano Il Mirto e La Rosa, realizzato dalla nostra agenzia, richiama i due elementi presenti nel nome del brand. La tua nicchia, la tua proposta di valore, il tuo target: continuiamo a ribadire che tutto dovrebbe essere unico per risaltare in una fetta di mercato che sia solo tua. Anche il logo non si discosta da questo concetto. Possiamo, però, rintracciare delle regole base che valgono per ogni logo, di qualsiasi azienda e di qualsiasi brand, applicabili senza remore come metro di valutazione per capire se il logo può funzionare o meno. Per il resto, punta a trovare l’equilibrio perfetto tra la creatività e i dati che hai sulla tua azienda e sui tuoi clienti. Il segreto per creare un buon logo è tutto qui. Meno è meglio, sempre. Un’immagine troppo elaborata, caratteri troppo stretti, un affollamento eccessivo in uno spazio così piccolo come il logo può confondere facilmente chi lo sta guardando. Non solo: caricare eccessivamente il logo di informazioni, anche solo con l’utilizzo di forme e colori diversi, rischia di non far comprendere quale sia la tua unique selling proposition e di disperdere il cliente fra troppe idee. Prova a fare sempre un’operazione di sottrazione, e continua finché il logo continua a funzionare anche senza tutti gli elementi che andrai a togliere. La soluzione più semplice: prendere un modello di logo, già preesistente, inserire il tuo nome e i tuoi colori e cantare vittoria. C’è solo un piccolo problema: quel logo non parla affatto di te, né parla davvero ai tuoi clienti. I graphic designer, che si occupano di realizzare loghi aziendali personalizzati, studiano la storia, i valori e le caratteristiche del brand per giorni prima di iniziare a costruire qualcosa. Come può un logo preimpostato, senza anima, funzionare ugualmente bene? Per il web, ma anche per la stampa. Per le grafiche, ma anche per i classici gadget natalizi. Il tuo logo è uno e in quanto tale non può essere modificato per essere adattato a ogni piattaforma, dispositivo, tessuto o supporto su cui andrà ad esistere. Assicurati, quindi, che la sua leggibilità sia mantenuta intatta in ogni sua apparizione, per non sacrificare la coerenza visiva del tuo brand e continuare a parlare di te, e per te, ovunque si trovi.Perché un logo è importante?
Cosa fare prima di creare un logo
Cosa vuoi far sapere di te
Nell’immediato
Definire gli obiettivi del brand
Individuare cosa piace al tuo pubblico
Guarda la concorrenza… e distinguiti
Regole sempre valide per ogni logo
Less is more
Siti stock? No grazie
Rendi il logo fruibile ovunque

Ciao, sono Simona e una delle prime parole che ho pronunciato è stata “panna” (penna, ma sono palermitana e tendo ad aprire le vocali).
Ho iniziato a scrivere per raccontare, per informare, per non dimenticare impegni, per appuntare idee e per far divertire.
Così sono finita a fare la copywriter. Con tutto rispetto per tutti, il mio è il lavoro più bello del mondo.