Unique selling proposition: qual è la tua proposta di valore?
La unique selling proposition è la carta vincente di ogni brand, quello che permette di differenziarsi e di raggiungere un posizionamento unico sul mercato. In questo articolo abbiamo visto come si definisce una brand identity e l’importanza di rispondere alle domande “cosa vogliamo fare?” e “come vogliamo farlo?” quando si inizia a dar vita a un nuovo brand. Queste due domande, per quanto importanti, non sono però del tutto sufficienti. Manca ancora un tassello, una tessera del puzzle che aiuta il brand a posizionarsi in maniera inequivocabile: il perché. Trovare la risposta al “Perché facciamo quello che facciamo?” è ciò che può rendere davvero unico un brand, muovendo in maniera coerente e focalizzata ogni scelta di prodotto, di comunicazione, di marketing. Ed è anche ciò che aiuta a mettere nero su bianco la unique selling proposition. Era il 1952 quando il pubblicitario Rosser Reeves, autore, tra gli altri progetti, anche della campagna politica del presidente Eisenhower, definì in maniera chiara e sintetica il concetto di unique selling proposition. Letteralmente tradotto come “proposta unica di valore”, la unique selling proposition è quell’elemento o quella caratteristica di un prodotto, servizio o brand che lo rende unico e distinguibile da tutti gli altri competitor. Può essere intrinseca al prodotto o al servizio stesso, o una qualità collaterale che caratterizza una modalità di consegna o di distribuzione a vantaggio del cliente. Non tutti i prodotti o i servizi, infatti, hanno necessariamente qualcosa di unico e speciale. A meno che non si inventi qualcosa di completamente nuovo e mai visto prima, è anzi difficile trovare l’elemento distintivo all’interno del prodotto. Ecco perché trovare la unique selling proposition è un compito arduo e richiede tempo, riflessioni e più di una risposta alla domanda madre di questa ricerca: il fantomatico perché. Preparati a una lunga seduta di analisi complessiva del tuo brand, della tua azienda e del tuo target: la definizione della propria USP è un incrocio di tutti i partecipanti del tuo brand, nonché delle tue aspirazioni e delle aspettative concrete di crescita per la tua azienda. Partiamo dalla fine, ossia dal target. L’immedesimazione è fondamentale per definire il tuo cliente ideale (buyer persona) e per scoprire cosa vuole veramente dal tuo prodotto, perché dovrebbe preferire te, e in che modo puoi risolvere i suoi problemi. Non è il prodotto in sé, ma la consapevolezza di poter risolvere i propri problemi che spinge un cliente all’azione dell’acquisto. La tua unique selling proposition non può non tener conto di questo fattore, e deve sicuramente includere un vantaggio molto forte a favore del potenziale acquirente. Ok, il tuo prodotto può aiutare il cliente a risolvere un problema pratico. Perché dovrebbe comunque scegliere il tuo, tra tanti altri prodotti che possono migliorare comunque la sua vita, magari anche ad un prezzo inferiore? Qui entra in gioco la creatività, il pensiero laterale che ti permette di identificare, o creare ad hoc per il tuo prodotto/servizio, un carattere unico e distinguibile che diventa immediato vantaggio per il cliente. Amazon ha basato tutta la sua fortuna come e-commerce online su una fortissima unique selling proposition: il cliente è al primo posto, soprattutto nella fase post-vendita. Grazie a un customer service perennemente attivo e a modalità di reso tutte a vantaggio del cliente, Amazon ha ridotto drasticamente le lunghe attese di assistenza e rimborso. Il corriere ritira il pacco per il reso direttamente al domicilio del cliente, porta l’etichetta senza che il cliente debba stamparla e il rimborso è emesso immediatamente appena il ritiro è avvenuto. La soddisfazione del cliente, quindi, rimane anche se non ha potuto tenere con sé il prodotto desiderato e ordinato. Questo tipo di servizio porta a scegliere Amazon anche se il prezzo del prodotto è un po’ più alto rispetto alla concorrenza. È proprio la consapevolezza di essere assistiti in un certo modo che spinge la persone, in molti casi, a propendere per l’acquisto su questa piattaforma. “Perché fai quello che fai?”. Torniamo alla domanda originaria. Perché vuoi vendere quel prodotto, o quel servizio? Cosa vuoi dare ai tuoi clienti di incomparabile e irrinunciabile, che nessun altro prodotto o servizio può fornire o garantire come te? Qualsiasi sia la risposta, mettila nero su bianco. Scrivere il tuo perché, la tua reason why, ti aiuta a capire come proporre e posizionare in maniera unica il tuo brand. Farlo solo una volta, però, potrebbe non bastare; la prima risposta è sempre viziata da una certa oggettività, una risposta sincera, ma ancora troppo orientata al cliente e poco alla tua azienda. Per scavare più a fondo, prova a fare questo esercizio: aggiungi un “perché” alla risposta che hai dato. Otterrai una seconda risposta che inizia già ad avvicinarsi alla tua vera reason why, ma potrebbe non essere ancora sufficiente. Approfondisci con un altro “perché” davanti alla seconda risposta, e così via finché non ne avrai scritte almeno quattro. Eccola lì. La quinta (a volte basta la quarta) risposta è la tua vera reason why. È il vero motivo per cui ti alzi dal letto ogni giorno e vai a lavoro. Ed è anche la tua vera unique selling proposition, la proposta di valore unica su cui basare tutta la costruzione della tua brand identity. A questo punto sai perfettamente perché la tua azienda crea un determinato prodotto o servizio per un target di clienti ben definito, del quale conosci aspirazioni, problemi, stile di vita. È il momento di posizionare il tuo brand sul mercato, a partire proprio dalla proposta di valore che offri ai tuoi clienti. La USP deve sempre essere presente nella tua comunicazione, a partire dal payoff, che contiene in pochissime parole la reason why del tuo brand, e continuando su spot TV, campagne virali, social media, contenuti per il web, packaging e tutto quello che segue. Il posizionamento avviene in maniera naturale quando ogni forma della tua comunicazione segue la tua USP. Le persone sanno bene cosa fai, come puoi aiutare a risolvere i loro problemi e quale vantaggio hanno scegliendo te e non qualcun altro.Unique selling proposition: perché fai quello che fai?
Come trovare la tua unique selling proposition
Il target
Il vantaggio
Trovare la reason why: un esercizio pratico
Dalla unique selling proposition alle campagne pubblicitarie

Ciao, sono Simona e una delle prime parole che ho pronunciato è stata “panna” (penna, ma sono palermitana e tendo ad aprire le vocali).
Ho iniziato a scrivere per raccontare, per informare, per non dimenticare impegni, per appuntare idee e per far divertire.
Così sono finita a fare la copywriter. Con tutto rispetto per tutti, il mio è il lavoro più bello del mondo.
To brand or not to brand: cosa significa brand identity
L’affidabilità e la credibilità sono le due condizioni necessarie perché un brand funzioni. Non è un caso che lo stesso assunto si possa dire delle persone stesse: ci fidiamo solo di chi reputiamo credibile e affidabile. Ecco perché i brand, oggi, si comportano esattamente come persone reali: hanno una loro voce distinguibile, sposano alcune cause sociali, parlano direttamente ai propri clienti e, talvolta, chiedono persino scusa in caso di errori. Le aziende non sono più entità astratte e intangibili. Al contrario, si collocano sullo stesso piano dei propri clienti per una conversazione personale e biunivoca, con domande e risposte dirette tra le parti.Definire la brand identity è uno step essenziale per posizionare, o riposizionare, un brand. Tutta la comunicazione aziendale non può prescindere dalla definizione della personalità di marca.
Cos’è un brand e cosa lo identifica
Per raggiungere questo risultato, quindi, non basta che l’azienda presenti se stessa e interagisca il minimo possibile con il suo pubblico.
Mantenere la sua immagine è giusto, ma prima ancora deve definire qual è la sua immagine e promuoverla con coerenza in ogni forma di comunicazione che instaura.
In altre parole, l’azienda deve definire il suo brand, ossia “l’entità concettuale che, presidiando il territorio mentale di un individuo, evoca un insieme di valori precostituiti, definendo il posizionamento sul mercato” (Gaetano Grizzanti, “Trasformare un marchio in una marca”, ed. Fausto Lupetti Editore).
Il brand include tutto ciò che fa parte dell’immagine aziendale: logo, colori, simboli, ma anche l’importantissimo tono di voce, che corrisponde al modo in cui si presenta e parla ai suoi clienti.
La definizione di tutti questi elementi costituisce, nel complesso, la brand identity, o identità di marca. Le persone che si approcciano al brand sanno esattamente cosa aspettarsi, sia come proposta visiva che come approccio comportamentale.
Brand, marchio o marca?
Il branding è quell’attività del marketing che si occupa proprio di definire la brand identity, sia che si tratti di un’azienda (corporate identity) che di un brand individuale, identificabile con una singola persona, ad esempio un influencer (personal branding).
Abbiamo parlato sinora di brand, ma non possiamo dimenticare i due termini italiani corrispondenti che spesso vengono sovrapposti e confusi: marchio e marca.
A quale di queste due parole corrisponde esattamente brand? La risposta esatta è marca, perché con marca intendiamo proprio il complesso visivo, la personalità e l’identità verbale di un’azienda; il marchio è invece l’insieme visivo e testuale che la rappresenta, di cui fa parte anche il logo (o logotipo) individuato in fase di branding come elemento di identificazione della marca.
Il prisma della Brand Identity
L’identità di marca è complessa, proprio come quella di una persona in carne e ossa. È facile perdersi tra i vari aspetti da definire, rischiando così di compromettere il senso complessivo che si vuole trasmettere all’esterno.
Ecco perché un buon punto di riferimento da utilizzare come tabella di marcia nel processo di costruzione della brand identity è il prisma della brand identity, teorizzato dal professore di marketing ed esperto della comunicazione Jean-Noel Kapferer.
Il prisma di Kapferer è una mappa che illustra i sei aspetti indispensabili di ogni brand identity:
- elementi fisici, come il logo, i colori, il font, i simboli e le immagini;
- personalità, che riguarda il modo in cui il brand si rivolge al pubblico;
- cultura, concepita come i valori fondamentali che determinano il comportamento del brand;
- relazione, che consiste nel tipo di rapporto umano rappresentato dal brand (ad esempio la famiglia serena di Mulino Bianco, l’amicizia e il divertimento di Coca-Cola, la tradizionalità dell’olio Cuore);
- immagine riflessa, ossia come il top target del brand aspira a essere, la persona di riferimento (spesso il testimonial) con le migliori caratteristiche possibili con cui identificarsi;
- rappresentazione di sé, che riguarda il modo in cui il consumatore si sente nell’utilizzare i prodotti di un brand. Ne sono un classico esempio i clienti Apple, che sentono di appartenere a una speciale comunità perché usano i prodotti del brand di Steve Jobs.
Brand personality: il carattere di un’azienda
Ciò che precede la struttura visiva e l’identità verbale di un’azienda è la definizione dei suoi valori, della sua mission e della sua vision, nonché della sua unique selling proposition.
In altre parole, il primo step da affrontare per definire il “chi siamo” è “cosa vogliamo fare e come vogliamo farlo?”.
Solo così si può arrivare a strutturare in maniera efficace una brand personality, quella personalità di marca che contraddistingue i diversi brand inseriti all’interno di uno stesso mercato.
Saremo una voce istituzionale e autorevole, un compagno di giochi ironico e allegro, una voce pungente e un po’ sarcastica, un’amica accogliente e premurosa?
Tutti questi elementi vanno definiti ancor prima di avere un logo, perché, per fare proprio un esempio relativo alla brand image, gli stessi colori, le forme e il carattere tipografico del marchio devono esprimere la sua personalità e le sue caratteristiche salienti.
Ancor più significativa è la definizione della brand personality se si pensa a quanto influenzi e incida sui contenuti della comunicazione. Per le campagne pubblicitarie, ma anche per la comunicazione istituzionale, per il rapporto diretto con il cliente nel customer service, nella progettazione del sito web in ogni sua parte, incluso l’ux design.
Per definire la brand personality esistono diverse tecniche, tutte valide. Tra le più diffuse troviamo l’applicazione degli archetipi di personalità di Jung, psichiatra e psicanalista svizzero che utilizzò per primo il concetto di archetipi per individuare dodici modelli di personalità ripetibili.
Gli archetipi di Jung non nascono quindi per progettare la brand identity; sono stati “adottati” per questo scopo da Al Ries e Jack Trout nel loro “The Hero and The Outlaw” nel 2002.
Posizionamento del brand
Nella definizione di brand, all’inizio di questo articolo, abbiamo definito il brand come l’insieme di elementi che rendono distinguibile un’azienda per le sue caratteristiche intrinseche e per il modo in cui si presenta.
A cosa serve, però, concretamente? Perché è così importante definire esattamente “chi siamo” e “come siamo”, e declinarlo in tutta la nostra comunicazione?
Per rispondere, immagina un mondo in cui le aziende che realizzano un determinato prodotto sono tutte uguali. Tutte hanno lo stesso prodotto, lo propongono allo stesso modo, non sono distinguibili una dall’altra.
La diretta conseguenza di questo mondo utopico è che le persone sceglierebbero cosa comprare in maniera del tutto casuale, basandosi al massimo su logiche di prezzo e disponibilità, senza altri tipi di preferenza.
Ebbene, la brand identity è quello che rende unico e riconoscibile un brand, che spinge le persone ad acquistare un prodotto rispetto ad un altro perché il logo apposto sulla sua confezione rievoca un universo di valori e di comportamento in cui si riconosce.
Riassumendo, la brand identity definisce il posizionamento della marca. Non solo posizionamento sul mercato, ma soprattutto nella mente delle persone, dei potenziali clienti e dei clienti già affezionati.
Ecco perché non si può prescindere dalla brand identity e dal creare una personalità di marca che faccia scegliere il tuo prodotto “perché lo fai tu”, e non per altri motivi.
Un punto di partenza che apre un universo infinito di possibilità di crescita per la tua azienda.

Ciao, sono Simona e una delle prime parole che ho pronunciato è stata “panna” (penna, ma sono palermitana e tendo ad aprire le vocali).
Ho iniziato a scrivere per raccontare, per informare, per non dimenticare impegni, per appuntare idee e per far divertire.
Così sono finita a fare la copywriter. Con tutto rispetto per tutti, il mio è il lavoro più bello del mondo.
Social Media Marketing, cosa devono misurare le aziende per capire se funziona
l marketing digitale è forse la versione del marketing più misurabile nella storia del marketing e in questo scenario il social media marketing regna sovrano.
Per misurare l’efficacia del social media marketing esistono metriche ben precise ma attenzione!
È importante capire COSA si desidera ottenere dall’attività corporate all’interno di ogni social media. Ogni piattaforma infatti può essere utile per raggiungere uno specifico risultato che quindi dovrà essere misurato su parametri – che noi tecnici sapientoni chiamiamo kpi – ben identificati.
Alcuni brand utilizzano ad esempio Instagram per la vendita diretta, altre invece preferiscono sfruttarne la potenza visual per fare awareness e accrescere la community, sviluppando la vendita su altre piattaforme o nel proprio e-commerce. Non esiste il modo giusto, esistono analisi e monitoraggio per prendere decisioni produttive.
Marketing misurabile VS Marketing della speranza
Esiste una grossa fetta di attività afferenti al marketing che rientrano in quello che possiamo poeticamente definire “marketing della speranza”. In altre parole, strategie di pubbliche relazioni e media che fanno affidamento sul fatto che ad un’azione (di marketing) debba corrispondere una reazione (vendita) ma senza poterne monitorare i volumi o il legame diretto.
Oggi però, grazie al social media marketing, agli insights dei media, ai report degli influencer, è possibile misurare le performance di public relation digitali. Misurazione impossibile nella promozione offline, a meno di non ricorrere a sistemi tracciabili di referral – un po’ quello che accade online con i codici sconto degli influencer o l’affiliate marketing.
Social media listening e monitoring
Oggi i brand possono intercettare ogni menzione ad opera di utenti o influencer, ogni link digitato su altri siti, la quantità di ricerche dirette o affini sui motori di ricerca.
Rimanere in ascolto e sfruttare gli strumenti per monitorare keywords e menzioni, oltre ai report pubblicitari di post e campagne, permette di misurare correttamente la forza del marketing e la diffusione del messaggio, rapportandolo al dato più importante in assoluto. La spesa pubblicitaria.
Anche e soprattutto per questo motivo, noi di BBADV associamo sempre alla nostra attività di social media management per i clienti, la gestione diretta delle interazioni (community management) per aumentare il dialogo con gli utenti e, laddove possibile, l’attività di social media listening e l’analisi delle performance di vendita online.
In assenza di un supporto professionale per i tuoi canali web, cosa puoi fare per tenere sotto controllo i dati generati dalla tua attività di social media marketing?
Ecco i punti più importanti che puoi implementare a partire da…adesso!
Pianifica
Scegli i parametri da monitorare (KPI)
Non puoi misurare qualcosa che non hai pianificato. Stabilisci il parametro da monitorare (ad esempio l’aumento dei follower, o l’aumento della copertura, o la crescita di visite al sito o un numero maggiore di ordini nella tua app) e concentra la strategia dei contenuti per ottenere quel risultato.
Scegli l’obiettivo che vuoi raggiungere
Ogni KPI porta con sé un obiettivo specifico. Ad esempio monitorare la crescita dei follower presuppone che l’obiettivo sia accrescere la community e aumentare la reputazione del brand. Questo non è detto che si traduca automaticamente in aumento delle vendite, ma potrebbe essere un piacevole effetto collaterale.
Se vuoi perseguire più obiettivi, dovrai svilupparli singolarmente in termini di contenuti (rubriche, topic, campagne d’attivazione) e investire in modo consistente per ognuno, con campagne specifiche.
Assicurati di stabilire obiettivi raggiungibili, che miracoli sui social se ne vedono raramente.
Definisci il timing
Infine stabilisci tempi ragionevoli per lo sviluppo delle strategie e il raggiungimento degli obiettivi. Non raddoppierai i tuoi fan in una notte, né farai decollare lo shop semplicemente disseminando budget a tre zeri in una settimana.
Ricorda che i social come Facebook ti permettono di impostare l’obiettivo della campagna come visite al sito, notorietà o download di app. Molte di queste però hanno bisogno di giorni o settimane per performare al meglio, superando la fase di apprendimento.
Gli annunci Google ad esempio, a volte richiedono intere settimane per essere affinate al punto di performare come desiderato.
Ci vogliono mesi per raggiungere risultati significativi.
Affina
Calendarizza il monitoraggio delle performance
Una campagna non può essere semplicemente lanciata per poi aspettare un risultato.
Ogni giorno, soprattutto nei primi giorni, bisogna monitorare le performance, capire cosa sta funzionando e cosa disperde il tuo budget. Su Google ad esempio, spesso si sprecano soldi per query di ricerca simili a quelle inserite ma fuorvianti.
Ad esempio immagina di vendere un corso di yoga e di intercettare utenti che cercano “corso di yoga gratis”. Quel gratis finale, fa tutta la differenza tra un contatto di qualità e uno spreco di soldi. La logica del pay-per-click non ammette sbavature. Per questo bisogna monitorare, escludere, pulire, aggiungere, rivedere. Continuamente.
Verifica i risultati
Ci sono strumenti, come i tag di Google o il pixel di Facebook, che ti permettono di verificare se una campagna sta generando sul tuo sito i comportamenti che auspicavi da parte degli utenti. Grazie agli stessi potrai anche fare retargeting rimanendo presente nel feed di utenti già “adescati” precedentemente. Accertati che i risultati siano pertinenti e che il tuo pubblico sia sempre più profilato e non si sporchi con utenti generalizzati. Un pubblico bene in target ti farà risparmiare soldi. Sempre perchè la logica del pay-per-click è spietata.
Fatti catalizzare
I social hanno generato gli influencer. Gli influencer influenzano i consumi degli utenti e il modo in cui acquistano. Fai in modo che qualcuno influenzi il tuo pubblico.
Non ti servono costosi vip. A volte piccoli influencer locali, personaggi noti della tv locale, giovani che vantano un seguito molto nutrito possono essere risorse enormi per te e il tuo prodotto. Questo potrebbe comportare grandi risultati a costi contenuti. Molti micro influencer, soprattutto quelli che non hanno ancora superato i 10k follower, sono propensi a supportarti in cambio di qualche prodotto tester o di qualche omaggio.
L’importante è stabilire fin dall’inizio il valore reciproco dei contenuti.
Misura
Fai report della tua attività di social media marketing
Perchè dovresti spendere tempo a rimettere in ordine i dati? Perchè a distanza di mesi ti basterà un’occhiata ai numeri per capire se stai crescendo o meno.
È la fase più fastidiosa e noiosa, ma è anche la più importante per avviare le successive fasi di pubblicità e decidere come e per cosa spendere i tuoi soldi.
Metti insieme le metriche principali e crea un quadro d’insieme delle performance. Potresti scoprire che un canale performa più di un altro, o ad un costo migliore, o in tempi più rapidi.
Fai in modo di calendarizzare misurazioni periodiche. All’inizio, per evitare spreco di tempo e denaro, potresti monitorare le performance generali ogni mese, poi aumentare la finestra temporale e fare un controllo ogni 2-3 mesi.
Alcune attività, come challenge o contest indetti dagli influencer, possono uscire da questa logica ed essere misurati in modo estemporaneo, vista la loro natura effimera.
Si può fare Social Media Marketing senza un'agenzia specializzata?
La risposta è si.
Se sei in grado di riparare il tubo del lavandino non devi per forza chiamare un idraulico. Se sai selezionare e formare il personale specializzato per la tua azienda non hai bisogno di un’agenzia esterna per farlo.
Vale anche per il marketing o per la gestione produttiva dei tuoi social. Se hai competenze digitali sufficienti per produrre i contenuti, settare le campagne e monitorare i risultati puoi rinunciare al supporto di un’agenzia. Diversamente puoi beneficiare del lavoro di un’intera squadra e delle competenze di più persone per sfruttare al massimo i tuoi profili social.

Ciao, sono Nazareno, uno dei BBrothers.
La mia giornata si (s)compone tra letture, strategie digitali, test, scrittura, social media e slide.
Sono un sognatore con i piedi per terra. Mi impegno per essere un punto di riferimento credibile per il mio staff e i miei clienti.
Mi occupo principalmente di copywriting e di tutte le attività editoriali del team.
Imparo ogni giorno qualcosa di nuovo sul marketing digitale che metto a disposizione dei miei clienti.
Devi pianificare i contenuti del nuovo anno? Ecco i trend del 2021 per rendere i tuoi post perfetti.
Il 2020 è stato un anno pazzesco! Non eravamo preparati all’imprevisto e ci siamo continuamente reinventati. Le pianificazioni sono mutate con la stessa velocità con cui si cambiano le facce ad un cubo di Rubik per ritrovare la giusta combinazione.
Quali saranno i trend del 2021? Possiamo azzardare una programmazione ad ampio spettro oppure dobbiamo continuare ad essere prudenti per gestire al meglio l’imprevisto e cambiare repentinamente le carte in tavola?
I Trend del 2021 secondo gli esperti.
Ecco un prospetto dei trend che ci offre questo nuovo anno:
- Contenuti per un pubblico socialmente consapevole
- Il remix è il nuovo UGC (User Generated Content)
- Le 4 C del contenuto aI tempi del COVID-19
- Social gaming
- Marketing old school per un nuovo mercato
- I meme
- I giganti dei social media si adattano alla nuova normalità
- L’ascesa della disinformazione digitale
- Ancora più conversazione \ne
Contenuti per un pubblico socialmente consapevole.
Al primo posto non potevamo non mettere la nuova consapevolezza che ci ha lasciato il 2020: siamo diventati una generazione socialmente consapevole. Questo ha un enorme impatto sui brand, sulla politica e sulla società nel suo complesso. Le tematiche calde sulle quali il pubblico si espone sono tante e sempre più impegnate, dalla tutela dell’ambiente all’inclusività, la sostenibilità, il politically correct, i vaccini…
I social non ricoprono più un ruolo passivo, ma diventano uno spazio attivo, dove organizzare proteste e dar vita a movimenti che nascono nel mondo virtuale e crescono in quello reale. Solo per fare un esempio, si pensi al movimento #BlackLivesMatter che ha visto migliaia di manifestanti organizzarsi sui social e scendere in piazza per protestare contro il razzismo e la brutalità della polizia. C’è da scommettere che il 2021 ci riserverà ancora nuove manifestazioni e slogan che uniscano più community sotto la stessa bandiera, magari da portare poi in strada…
Il remix è il nuovo contenuto generato dagli utenti.
Il contenuto generato dagli utenti o user generated content è presente da un bel po’ sulla scena. La novità sta nel modo in cui viene creato, trovato e condiviso.
Il remix è l’arte di prendere dei format, dei template o spunti vari e combinarli per esprimere al meglio la personalità dell’utente. Grazie ad applicazione come Tik tok, Koji e Instagram Reels, il remix continuerà ad essere il protagonista anche di quest’anno. Anche perché un Ugc è un contenuto potentissimo per qualsiasi azienda e praticamente a costo zero. Chi non ne vorrebbe a palate?
Le 4C del contenuto ai tempi del Covid-19
Nemmeno con tutta la fantasia di Ridley Scott e Steven Spielberg avremmo potuto prevedere una pandemia e degli effetti prolungati così devastanti. Il distanziamento sociale e i ripetuti lockdown hanno modificato la nostra vita e la comunicazione digitale ha dovuto adottare delle strategie per far fronte a questa nuova realtà.
Il tono della conversazione nel 2021 sarà determinato dal “Coronavirus Content”, che si focalizza in queste quattro C:
- Community – comunità
- Contactless – assenza di contatto
- Cleanliness – igiene
- Compassion – compassione
Social Gaming.
Durante il confinamento domestico dovuto alle restrizioni, gli utenti hanno riscoperto i videogiochi. Il pubblico di forum e gruppi sui videogiochi è cresciuto insieme al numero e al volume delle comunità unite sotto la stessa passione
I brand possono fare leva su queste comunità, utilizzare i videogame come strumento ma al tempo stesso trarne ispirazione per pensare anche a nuovi modi per interagire, perché sarà la realtà aumentata la protagonista del futuro.
Marketing old school per un nuovo mercato.
Ci sono trend che non passano mai di moda. Molti esperti sono convinti che alcune tendenze del marketing old-school torneranno in voga, magari applicate a nuove idee o declinate in forme più affascinanti.
Ad esempio è stato riscoperto il podcast come vettore di contenuti, in grado di riscuotere successo in diversi campi. Persino i medici hanno aperto rubriche social utilizzando i podcast. Sarà la praticità a decretarne il successo? È sicuro che, grazie alla tecnologia e al dominio di smartphone e auricolari bluetooth, oggi ascoltare un podcast non è più un’attività complessa come un tempo, in cui le audiocassetta necessitavano di una tecnologia e di un momento dedicati.
I Meme.
Ieri le emoji, oggi i meme. Divertenti, d’impatto e altamente comunicativi.
Come per ogni tipo di comunicazione, possono essere usati per influenzare la mentalità del pubblico. I meme possono contribuire a contrastare situazioni estreme, perché sfruttano al massimo le potenzialità del visual.
Questa spropositata fortuna ci deve far riflettere sull’ importanza di mettere il pubblico in condizione di poter diventare creatori di contenuto a fianco dei brand. Quale miglior contenuto può coinvolgere gli utenti quanto quello creato proprio da loro?
I giganti dei social media si adattano alla nuova normalità.
Facebook, Instagram e Twitter continueranno a calcare la scena social. Vista la loro duttilità, però, si adatteranno più velocemente ai cambiamenti in atto, introducendo modifiche e nuove funzionalità. Pertanto, bisogna mettere in conto che l’imprevisto e il cambiamento sono sempre dietro l’angolo. Bisogna accettare il fatto che questi social, come li utilizziamo oggi, cambieranno continuamente fino a trasformarsi completamente, attraverso passaggi graduali ma significativi.
L’ascesa della disinformazione digitale.
La crisi dovuta al COVID-19 ha portato in primo piano il tema della disinformazione. La società si trova ad affrontare un futuro incerto e questa incertezza ha creato un focolaio di disinformazione, con storie false la cui risonanza può avere un impatto rilevante. Il 2021 sarà l’anno in cui i brand e i canali dei social media si concentreranno nell‘evidenziare la verità e sul mettere a tacere le fake news. Le società dietro i colossi digitali sono già al lavoro e stanno investendo ingenti risorse nella caccia ai contenuti pericolosi.
Ancora più conversazione.
Costruire relazioni con gli utenti è la nuova chiave del successo di un brand. Le relazioni generano vendite. Ma per arrivare ad instaurare un legame è necessario iniziare a conversare con i clienti. Il marketing non è più a senso unico, ma a doppio senso.
La pandemia ha portato nuove priorità. Il pubblico vuole essere coinvolto, ha bisogno di sentirsi coinvolto e partecipe. Il 2021 continua ciò che ha iniziato il 2020, ovvero portare in scena storie di vita comune ed emozioni.
Riccardo Scandellari riporta la necessità di stabilire una comunicazione il più diretta possibile con il proprio pubblico. Cristiano Carriero afferma che la comunicazione è l’essenza del brand e non un semplice fattore di persuasione.
Cosa ci portiamo dunque dal 2020?
Il valore della semplicità, della comunità e dell’empatia.
È stato l’anno delle videochiamate di gruppo, della Dad, delle lauree davanti ad uno schermo, dei compleanni virtuali…
Tutto ciò si traduce nella necessità di una comunicazione più empatica e umana da parte dei brand, che devono imparare a sfruttare nuovi touchpoint per parlare ai propri consumatori. Un po’ come IKEA, che usa spesso le dirette Instagram per consolidare il rapporto tra i propri clienti e i dipendenti, o come ha fatto a febbraio 2020 Gucci che ha trasformato gli iconici inviti per la fashion week in note audio su WhatsApp.
Il 2021 sarà l’anno delle sfide e delle programmazioni “malleabili”.
Altri articoli che potrebbero interessarti:
- Diventare un Social Media Manager, ecco cosa devi sapere: leggi qui

Ciao sono Antonella, e sono un’ eclettica sognatrice.
Alcuni mi definiscono un’eterna indecisa, io invece amo dipingermi come un’anima multipotenziale.
Scrivo da quando ho imparato a mettere insieme le parole. La scrittura mi ha fatto scoprire mondi paralleli dove mi perdo ogniqualvolta ho bisogno di dare pennellate di colore alla mia vita. Sono entrata per caso nel mondo digital e da allora non ne sono più uscita. Il mio motto? Non smettere mai di imparare.
Come migliorare i tempi di caricamento del tuo sito web.
La velocità di caricamento di un sito web è alla base per ottenere un buon punteggio da parte dei motori di ricerca. Se il tuo sito ha un tempo di caricamento superiore ai 3 secondi viene infatti penalizzato da Google in quanto non performante per la migliore User Experience possibile.
Per comprendere correttamente ciò che Google si aspetta da te, ricorda che il principale obiettivo di un motore di ricerca non è darti visibilità, ma offrire i migliori risultati possibili quando viene consultato dagli utenti, in termini di pertinenza e accessibilità.
Come misurare il tempo di caricamento di una pagina web.
Per misurare il tempo che impiega una pagina a caricarsi completamente hai a disposizione molti strumenti, ma il più semplice ed immediato è l’estensione di Google Chrome “Page Load Time” (link); dopo averla aggiunta al tuo browser apparirà l’icona di un orologio in alto a destra, tra le estensioni, e su questa icona vedrai il tempo che impiega a caricarsi la pagina web che stai visitando.
Migliorare le performance del sito.
Adesso che sai quanto tempo impiega il tuo sito web a caricarsi, vediamo come intervenire per migliorare la performance.
È importante sapere che non esiste un metodo preciso ed univoco per rendere veloce un sito, si tratta di una serie di piccoli accorgimenti che, insieme, contribuiscono a migliorarne le prestazioni.
I file media, il primo nemico del caricamento di un sito
I file media, le immagini in particolare, sono sicuramente necessari per rendere piacevole e completa l’esperienza all’interno di un sito.
Proprio questi file sono spesso la causa principale del rallentamento di una pagina web: essendo risorse più pesanti di una semplice stringa di testo, necessitano di più tempo per essere correttamente visualizzate sul nostro browser, portando così a rallentare il caricamento dell’intera pagina.
Per ovviare a questo problema possiamo prendere alcuni accorgimenti:
Ridurre la dimensione delle immagini
Più un’immagine è leggera ed ottimizzata, minore sarà il tempo che impiega per essere correttamente visualizzata: la dimensione ottimale per un’immagine per il web è di circa 100 kb, e non dovrebbe mai superare i 200 kb.
Per ridurne il peso possiamo innanzitutto assicurarci di caricare immagini delle giuste dimensioni; perché caricare un’immagine larga 5000 pixel se deve poi occupare una piccola finestra di 400 pixel?
Possiamo inoltre utilizzare l’ottimo tool gratuito TinyJPG (link), che elimina i metadati non necessari dalle immagini riducendone notevolmente il peso.
Caricare le immagini nel giusto formato.
Il formato delle immagini influisce molto sul peso:
- JPG: è il formato più comune e anche il più leggero;
- PNG: più pesante, dovrebbe essere usato solo nel caso in cui sia necessaria la trasparenza;
- SVG: formato vettoriale molto leggero, ideale in caso di immagini non complesse (ad esempio un logo);
- WEBP: formato relativamente recente, appositamente creato per ottimizzare il caricamento delle immagini sulle pagine web a discapito della qualità.
Con un buon tools per editare le foto, potrai ritagliarle e rispettare le dimensioni corrette per l’area della pagina a cui sono destinate (ricorda di verificare sempre le dimensioni desktop e mobile per una buona versione responsive della pagina) e potrai anche ridimensionarle velocemente o cambiarne il formato. Ce ne sono davvero tanti gratuiti online o da installare sul tuo dispositivo.
Non caricare direttamente i video.
Caricare un video direttamente sul proprio sito in genere è sconsigliato poiché, oltre ad occupare il limitato spazio disponibile sul server, il caricamento del video consuma la banda del server quando i visitatori lo visualizzano. La soluzione è l’embedding, cioè visualizzare un video che però è ospitato da una piattaforma esterna (Youtube, Vimeo, ecc…). I loro server sono pensati per performare al meglio, inoltre il tuo contenuto sarà disponibile anche su piattaforme esterne al tuo sito, aumentando la possibilità di intercettare utenti interessati a te.
Ottimizzare la struttura del sito
Ogni elemento del sito web richiede un certo tempo per essere visualizzato. A meno che non si tratti di un file media il tempo di caricamento è minimo, ma più elementi con un tempo di caricamento molto basso, sommati, possono arrivare a rallentare considerevolmente il nostro sito web.
Soprattutto quando si utilizza un CMS (WordPress, Prestashop, Joomla, ecc…), bisogna assicurarsi di non utilizzare plugin, moduli o elementi in generale che siano superflui, per non appesantire inutilmente le pagine del sito.
Modificare ed ottimizzare la struttura di un sito web non è qualcosa che si può improvvisare, occorre rivolgersi ad uno sviluppatore.
L'importanza della cache.
Oltre ai file media, ci sono altri elementi che possono incidere pesantemente sui tempi di caricamento di un sito web, ad esempio i fogli di stile (CSS) ed i file Javascript (JS) .
Tutti questi elementi sono necessari al corretto funzionamento del sito, non è possibile rimuoverli (anche se è possibile prendere alcuni accorgimenti per ottimizzarli), ed è per questo che esiste la memoria cache. Sul browser viene salvata una copia temporanea di quegli elementi che sono statici, immagini comprese; in questo modo, al successivo caricamento della pagina, questi elementi non verranno nuovamente scaricati dal server che ospita il sito e, trovandosi già memorizzati sul browser dell’utente, si ridurrà notevolmente il tempo di caricamento.
Il caricamento e l'esecuzione degli script Javascript.
Javascript è un linguaggio di programmazione molto utile e versatile, che permette di rendere più dinamico ed interattivo un sito web.
Gli script Javascript tuttavia possono essere una delle cause principali di rallentamento di un sito, in quanto il caricamento di una pagina può fermarsi fino alla corretta esecuzione dello script.
Anche in questo caso è possibile prendere alcuni accorgimenti, ma bisogna rivolgersi ad uno sviluppatore. Gli script, quando possibile, dovrebbero sempre essere caricati in maniera asincrona, cioè in modo non consequenziale rispetto al resto della pagina. Inoltre bisognerebbe limitare l’utilizzo di script non necessari ed utilizzare al massimo le funzioni dei fogli di stile quando possibile (anche per ragioni di sicurezza del sito).
L'ultimo ostacolo: il server web.
Hai adottati tutti questi accorgimenti ma trovi che il tuo sito sia ancora lento?
Prendi seriamente in considerazione che la causa sia riconducibile ad una scelta che in molti compiono con leggerezza ma che è determinante per le prestazioni del sito. Sto parlando del server che hai scelto quando hai deciso di avere un sito web.
Gli hosting web (come Aruba, Siteground, Netsons ecc…) offrono varie soluzioni di server, alcune molto economiche, altre più costose.
I piani più economici sono ovviamente i meno performanti, quelli che offrono risorse più limitate, che andranno ad incidere negativamente sulla velocità di caricamento di un sito.
Inoltre i piani base ospitano i siti web su server condivisi, cioè insieme a tanti altri siti che condividono le già limitate risorse offerte: una buona soluzione è quindi spostare il proprio sito su uno spazio hosting dedicato che, pur essendo molto più costoso, offre sicuramente migliori risultati in termini di prestazioni.

Ciao sono Marco, mi definiscono un programmatore ed io mi fido.
Mi piace isolarmi ed immergermi nella scrittura del codice, cimentandomi in sfide sempre nuove… il tutto con un bel pezzo di pizza in mano.
Datemi del cibo ed un computer e non avrò bisogno d’altro.
Diventare un Social Media Manager, ecco cosa devi sapere.
“Sei un social media manager? Quindi passi tutto il giorno su Facebook?”
Infelice battuta a cui ogni buon social media-qualsiasi-cosa è soggetto almeno una volta nella sua carriera, ad opera di simpaticissimi amici e familiari.
Chiariamo subito che quella del Social Media Manager è una professione a tutti gli effetti. In questi anni, purtroppo, l’abuso di questa etichetta ha portato molta confusione.
Se sei fermo sull’uscio di questo fantastico mondo fatto di like e cuoricini, di insight e analytics, prima di investire soldi in costosissimi corsi prenditi un momento per capire se questo lavoro fa per te. Perchè questo lavoro richiede il giusto mix di hard skills e soft skills e adesso ci faremo una passeggiata insieme fra queste.
In cosa consiste la professione del Social Media Manager?
Ci piace usare spesso la simpatica definizione di Salvatore Russo, esperto di digital media, che ha racchiuso i professionisti dei social e chiunque lavori attorno ad essi con l’espressione Social Coso. Più frequentemente troverai l’acronimo SMM.
Veronica Gentili, esperta in digital marketing e Facebook Marketing, afferma che la “professione del Social Media Manager consiste nell’individuazione di un pubblico, nell’erogazione di comunicazione e nella misurazione degli effetti di un’attività contenutistica utile a far emergere l’azienda o il prodotto”.
Il SMM crea un piano editoriale per ogni cliente, racconta con parole, immagini e video la natura di un’azienda, la sua mission e vision. Oltre a confrontarsi con il cliente adottando il tone of voice del brand che rappresenta, dialoga con il pubblico attraverso post mirati, ne studia i trend e il sentiment e funge da ufficio stampa repentino e sempre sul pezzo. Insomma, Una vita in multitasking!
Il social media manager rappresenta il brand stesso, come un attore deve calarsi nei panni del personaggio che interpreterà.
Per questo sciegliere quello giusto non è una questione di prezzo o di fama. Le tue skills e la tua capacità di ascolto saranno determinanti più del tuo preventivo.
Hard e soft skill di un SMM.
Le hard skill sono quelle capacità acquisite grazie alla formazione e che puoi quantificare e dimostrare con una qualifica. La conoscenza del codice HTML, di software specifici, le competenze in copywriting, conoscenza di lingue. Tutte capacità che ti permetteranno di sviluppare un certo livello di comprensione, produttività ed efficienza per far crescere la tua esperienza lavorativa.
Le soft skill sono qualità che rendono una persona diversa dalla altre. La differenza è che queste sono soggettive e non quantificabili. Sono attitudini personali che spesso amplificano il modo in cui vengono gestite e portate a termine le attività.
Non sottovalutare le soft skills! Sono queste a fare la differenza oggi. Le competenze tecniche senza una giusta dose di attitudini, possono non essere produttive. Chiunque può vendersi come professionista qualificato, ma sono decisamente meno quelli in grado di farlo in modo convincente. La credibilità e la coerenza, ad esempio, sono soft skills che devi augurarti di avere.
Quali sono le attitudini di un SMM?
Come avrai capito, in questo articolo non ti elencherò le competenze tecniche e gli attrezzi del mestiere. Per quelli, puoi leggere questo utilissimo articolo (https://www.bbadv.it/come-gestire-i-social-media-come-un-professionista/). Qui mi soffermerò invece sulle attitudini.
A fine lettura, ti invito a fare un semplice esercizio rispondendo alla domanda “Io possiedo queste attitudini?”
Se la tua risposta sarà negativa, ti consiglio di valutare se sono acquisibili per te o se è meglio orientarti su professioni che richiedono caratteristiche personali differenti. A lungo andare potresti stancarti e a pagarne le spese saranno i tuoi clienti o chi avrà creduto in te investendo le sue risorse.
Il confronto, la comunicazione, l’ascolto e l’analisi sono elementi fondamentali. Ci vuole un’attitudine per le relazioni, la creazione e il mantenimento delle stesse.
Copywriting
Il copywriting è la scrittura di testi, una skill fondamentale per un Social Coso.
Saper scrivere è un elemento fondamentale. Dalla descrizione di una pagina aziendale, alla creazione di post Facebook, Tweet o altro, alle call to action persuasive…scrivere testi efficaci, titoli, claim, ti porterà ad ottenere buoni risultati. Sottovalutarne l’importanza potrebbe invece vanificare qualsiasi contenuto o intere strategie.
Creatività
La creatività è la linfa vitale della conoscenza. È ciò che ti permette di guardare il mondo con occhi diversi, di sperimentare continuamente e di aprirti alle novità. La creatività è una predisposizione che devi avere dentro, da coltivare e alimentare attraverso esercitazioni costanti e ambienti stimolanti.
Come aumentare la propria creatività? Esercitandola ogni giorno, leggendo libri, guardando film, serie tv, documentari, disegnando, ascoltando le persone, abbandonandosi al mondo, tendendo l’orecchio a tutti i punti di vista, senza essere rigidi sui propri pensieri e sul modo di vedere se stessi e gli altri.
La creatività, ad esempio, ti servirà quando dovrai aggiornarti su trend e memes, conoscere in anticipo cosa potrebbe creare hype e per entrare in connessione con il pubblico.
C’è molto di più. La creatività e la capacità di uscire dalla propria zona di comfort, anche mentale e di ragionamento, sono alla base dello sviluppo di tantissimi asset di business. Brand Identity, Brand positioning e tante altre caratteristiche sono il frutto di intense sessioni di creatività, innovation, brainstorming e tutto ciò che può liberare la genialità di un team.
Curiosità
La curiosità è un’attitudine importante per questo lavoro. Devi avere la voglia di imparare e scoprire sempre nuove cose.
Il mondo del web cambia in continuazione: nuovi algoritmi, nuove procedure, nuovi clienti e nuove esigenze. A volte un trend può cambiare per sempre il comportamento digitale degli utenti, o una campagna di marketing segnare una svolta nelle strategie dell’intero mercato di riferimento. Persino un semplice hashtag può spostare in modo determinante i volumi di traffico online se lanciato nel momento giusto dalle persone giuste.
Fai attenzione ai nuovi desideri degli utenti, alla società che si evolve, ai consumatori che cambiano.
Ecco perché corsi e formazione continua sono linfa vitale per il buon Social Media Manager.
Capacità relazionale e comunicativa
Fare il SMM è un’attività che ti porta costantemente a comunicare con gli altri. Avrai relazioni con i membri di una community, con gli utenti della tua pagina. Dovrai imparare anche a gestire il dialogo con gli heaters. Infine, ma non meno importante, dovrai dialogare costantemente con il cliente e con i suoi collaboratori, coordinare queste relazioni e stabilire chiare regole per lo scambio di informazioni e contenuti.
L’arte del dialogo è una delle competenze che devi possedere.
Ci vuole un’attitudine alle relazioni, fare network ti offrirà enormi opportunità e altrettanto per il brand che rappresenti. E no, non sto parlando di social network ma di rete offline. La rete delle persone con cui dovrai interagire per crescere.
Interagire vuol dire parlare e necessariamente ascoltare. Per restare sempre aggiornato sui trend, sui gusti del tuo pubblico e sulle scelte editoriali, devi ascoltare gli utenti e i loro desideri. Immagine di dover seguire un’azienda che lavora con il territorio e commercia con le piccole imprese locali. Come pensi di poter leggere correttamente le esigenze dei produttori rimanendo tutto il giorno davanti al pc?
Se pensi di essere una persona introversa e poco propensa al genere umano, o a esplorare il territorio intorno a te, o se pensi che le tue idee siano eccezionali senza averle prima testate su un audience test, beh… molla la presa!
Saper parlare in pubblico
Le dirette live stanno diventando sempre più importanti sulle piattaforme social. I contenuti live raggiungono con più probabilità un coinvolgimento più alto e un’interazione uno a uno con il pubblico.
Potrebbero capitarti clienti che hanno bisogno di Social Cosi in grado di esporsi e di rappresentarli, o di affiancarli nella gestione delle presentazioni e delle dirette live.
Per inserirsi nel trend dei video live, il Social Media Manager deve essere sufficientemente sicuro per andare online e collegarsi con il proprio pubblico. Avere la capacità di parlare in pubblico, intervistare personaggi, rispondere a domande improvvise e chattare con i follower in tempo reale, può essere un valore aggiunto.
Customer service
I social sono i canali prediletti tramite i quali i brand e le aziende, offrono un servizio puntuale al cliente.
Quando si parla di community management e di rispondere ai propri clienti o potenziali, è essenziale per il Social Media Manager avere buone capacità conversazionali ed empatia, per aiutare i consumatori nel modo giusto al momento giusto. Se necessario deve anche gestire situazioni di crisi, lamentele e malcontenti.
Attivare la community e dialogare con gli utenti, significa fare le domande corrette per migliorare il coinvolgimento di un post, oppure rispondere a quesiti su prodotti, brand e azienda. Anche questi sono compiti del Social Media Manager.
Adattabilità
L’adattabilità è quella competenza che ti permette di adeguarti con facilità alle circostanze. Cammina di pari passo con la curiosità. Permette di stare al passo con le novità, ad esempio quando viene lanciata una nuova funzionalità o nasce una nuova tendenza, avere una veloce capacità di adattamento permetterà di mettersi in testa alla gara.
Il Social Media Manager all’avanguardia, è in grado di tenersi al passo con questi cambiamenti e procurarsi le abilità necessarie, grafiche e di video editing. Oppure deve avere un team di professionisti dedicati.
Queste sono alcune delle principali attitudini che devi possedere per accingerti a questa professione. E’ ovvio che da sole non bastano. Devi anche studiare tanto e formarti continuamente.
Il motore di tutto rimane comunque la passione. Il piacere di fare giornalmente ciò che è necessario dovrai svilupparla e coltivarla dentro di te.
Questo articolo sul personal branding (leggi qui) potrebbe rivelarsi utile per le tue ambizioni.

Ciao sono Antonella, e sono un’ eclettica sognatrice.
Alcuni mi definiscono un’eterna indecisa, io invece amo dipingermi come un’anima multipotenziale.
Scrivo da quando ho imparato a mettere insieme le parole. La scrittura mi ha fatto scoprire mondi paralleli dove mi perdo ogniqualvolta ho bisogno di dare pennellate di colore alla mia vita. Sono entrata per caso nel mondo digital e da allora non ne sono più uscita. Il mio motto? Non smettere mai di imparare.
2020 anno da dimenticare, ne siamo certi?
Ma che anno è stato il 2020? Disgrazie, incendi, pandemia, persino asteroidi che hanno sfiorato l’atmosfera terrestre. Un’infinità di sciagure o - per citare un bellissimo film con Jim Carrey - una serie di sfortunati eventi che hanno stravolto non solo le nostre vite, ma il volto del mondo come eravamo abituati a pensarlo.
Definito in lungo e in largo un anno da dimenticare, il 2020 però ci lascia un bagaglio enorme di cose e considerazioni, di fenomeni e di colpi di scena.
È l’anno che ci ha portato via personaggi illustri in tanti settori, dallo sport alla letteratura, al cinema.
È l’anno in cui informazione e disinformazione si sono date battaglia al pari di Harry e Voldemort nel capitolo finale della bellissima saga di J.K.Rowling.
Una battaglia dentro la quale sono state concepite opere di indescrivibile bellezza, tra memes, collage, video e spot pubblicitari. Difficilissimo ripercorrerli tutti, ma ci sono dei contenuti che mi hanno colpito particolarmente e che ho deciso di raccogliere.
Facciamo insieme un piccolo viaggio tra le cose più interessanti di questo 2020 ?
2020 anno da dimenticare? Google non è d'accordo, tra ricerche e un video spot da brividi.
Google rende note ogni anno le ricerche che hanno generato maggior traffico sul motore di ricerca. In Italia “Coronavirus” ha monopolizzato anche le ricerche online, e i suoi correlati. Ma ci sono tante altre ricerche, alcune divertenti altre decisamente interessanti. Non ti annoierò, goditi questo video da brividi editato proprio da Google per sottolineare che no, il 2020 non è un anno da dimenticare ma da ricordare con profonda consapevolezza. Ed ecco alcune interessanti liste che offrono un quadro generale delle ricerche ricorrenti.
Parole più cercate su Google in Italia nel 2020.

TWITTER VS 2020: i Tweet più irriverenti diventano Manifesto.
L’idea di Twitter è davvero bella. Troppo folle per non essere realizzata davvero.
Così i più irriverenti tweet sul 2020, quelli più divertenti, si trasformano in una campagna adv multi-soggetto che fa sorridere New York.
Il 2020 sarà pure un anno da dimenticare, ma Twitter pare non volerlo fare tanto facilmente.










I Meme del 2020.
Se dovrò ricordare il 2020 voglio farlo per i suoi meme. Meravigliosi, irriverenti, alcuni forse ben oltre le righe ma dopotutto in un anno come questo è perdonabile.
La cultura dei meme è esplosa già da qualche anno ma, complici i lockdown e un tempo superiore dedicato alle distrazioni e alle assurdità a cui abbiamo assistito, molte più persone hanno dato il loro contributo.
Si sono alternati mostri sacri al ruolo di King of Meme in Italia: Giuseppe Conte, Matteo Salvini, il Papa o l’intramontabile Leonardo di Caprio, ma anche perfetti sconosciuti come il percussionista turco.
Si sono avvicendate challenge irriverenti e trends che hanno oscurato persino il tema covid. Ne ho raccolto qualcuno in maniera assolutamente causale… puoi immaginare cosa significhi ripercorrerli tutti?























I video del 2020
Ci sono delle produzioni video che ritengo assolutamente eccezionali. Probabilmente ne dimentico qualcuna e chiedo venia, ma anche per i video la selezione è un lavoro arduo.
World Music: l’année 2020 en musique et en images
Se vuoi provare emozioni forti e goderti un montaggio da paura, allora questo video non può lasciartelo scappare.
TG casa 40ena
Una serie di video prodotti durante il primo lockdown da Maccio Capatonda, alias Marcello Macchia, assolutamente da ripercorrere.
Cartoni Morti
La nota pagina ha diffuso diversi video irriverenti sulla pandemia e sulla reazione degli italiani.
I Sansoni
Il duo comico palermitano ha prodotti numerosi video legati alle assurdità del 2020. E anche in questo caso li trovi tutti sul loro canale YouTube.
Amarcord Produzioni
In assoluto i miei preferiti, i video parodia sulle evoluzioni non solo della pandemia, ma dei personaggi legati allo scenario politico. C’è del genio e ce n’è davvero tanto!
The Jackal
Ne sono un sincero estimatore da sempre e non potevano mancare nella mia personale selezione.
Match Made in Hell
Uno spot davvero geniale, in cui il Diavolo matcha con il 2020, rappresentato da una bellissima ragazza che si gode un mondo in totale lockdown.
Il 2020 è un anno da dimenticare?
Non sono affatto d’accordo con chi sostiene che il 2020 sia un anno da dimenticare. Creatività dilagante e la capacità di adattarsi e reinventarsi hanno caratterizzato questi 364 giorni. E come sosteneva Einstein, non può esistere il progresso, il cambiamento, la genialità in assenza di crisi e difficoltà.
Ho sicuramente dimenticato roba interessante in questa raccolta, per questo confido nel tuo contributo. Puoi segnalarmi contenuti epici del 2020, inserisci i link tra i commenti!

Ciao, sono Nazareno, uno dei BBrothers.
La mia giornata si (s)compone tra letture, strategie digitali, test, scrittura, social media e slide.
Sono un sognatore con i piedi per terra. Mi impegno per essere un punto di riferimento credibile per il mio staff e i miei clienti.
Mi occupo principalmente di copywriting e di tutte le attività editoriali del team.
Imparo ogni giorno qualcosa di nuovo sul marketing digitale che metto a disposizione dei miei clienti.
Conversational marketing. Coinvolgere, comprendere, consigliare.
Le nuove strategie di marketing e l’evoluzione della comunicazione implicano nuovi approcci con i possibili clienti. personalizzare una conversazione one to one fra cliente e azienda velocizza le interazioni e permette di creare esperienze di vendita e fidelizzazione uniche.
Il conversational marketing rappresenta ormai uno strumento decisivo per qualsiasi strategia aziendale e permette ai potenziali clienti di conoscere ed entrare in contatto con un’azienda nei tempi e nei modi preferiti.
Cos’è il Conversational marketing.
Interazione immediata in grado di fornire risposte istantanee: i clienti possono ottenere il supporto e le risposte che cercano quando, dove e come vogliono.
Permette di rispondere in tempo reale alle esigenze, dubbi e domande dei clienti, reali o potenziali, e far loro comprendere più facilmente la tua attività.
Gli acquirenti, infatti, propendono sempre di più verso l’instant messaging (IM technology) perché offre la possibilità di comunicare in tempo reale, è più veloce e consente di ottenere le informazioni nel minor tempo possibile.
Il 90% dei clienti preferisce inviare messaggi diretti all’azienda (via social, chatbox e live chat) anziché affrontare procedure di assistenza pre e post-acquisto più complicate. A differenza delle strategie di marketing tradizionali che utilizzano form per la generazione di lead, il marketing conversazionale utilizza chatbox intelligenti e messaggistica immediata e personalizzata per acquisire informazioni qualificate sui visitatori del sito web.
Le caratteristiche del conversational marketing.
- Conversazioni su misura del cliente: è il cliente che decide quando e dove debbano avvenire le conversazioni. Grazie all’adozione della messaggistica e delle nuove tecnologie, le conversazioni possono avvenire sul canale che il cliente preferisce e ritiene più comodo. Ad esempio, un cliente può preferire Facebook Messenger piuttosto che le live chat, un altro potrebbe prediligere i chatbot piuttosto che l’email e così via. È alla base del marketing intercettare il tuo pubblico ovunque si trovi.
- Conversazioni scalabili: l’utilizzo di bot, disponibili 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, facilitano la scalabilità delle conversazioni. L’intelligenza artificiale, con l’apprendimento intelligente si nutre della qualità e della quantità di dati, per migliorare il proprio servizio.
Esempi di conversational marketing
- Ebay; ha creato uno dei più avanzati chatbot di eCommerce dei nostri tempi, integrando il conversational marketing con la ricerca vocale, Il bot trova velocemente il prodotto migliore che hai domandato, e ti invierà in breve tempo le informazioni che cerchi
- Rapidminer; piattaforma software che utilizza i chatbot per filtrare i migliori lead
- Lyft; gli utenti utilizzano il sito per richiedere un passaggio, e i chatbot di Lyft aiutano le persone a prenotare le corse e mettersi in contatto con i conducenti. Sull’app la guida assomiglia ad un’esperienza di chat che funziona grazie ai bot, i quali hanno il compito di prevedere e anticipare le domande del cliente al fine di personalizzare la connessione
Conversational commerce è il business del futuro?
Il conversational marketing non andrà a sostituire i form pre impostati ma avrà sicuramente la capacità di velocizzare le interazioni e risolvere i problemi senza troppi passaggi. Il punto a favore dei chatbot è sicuramente la capacità di acquisire informazioni in tempo reale sui lead e fornire tempestivamente il supporto al cliente.
Non può ancora sostituire i vecchi sistemi e non può essere applicato indistintamente, ma apporta vantaggi e converte il traffico in modo sistemico stabilendo dialoghi in grado di seguire un percorsi predefinito.
Possiamo affermare che rappresenta il futuro del marketing? Si assolutamente: nel 2020 gli agenti virtuali parteciperanno alla maggior parte delle interazioni commerciali cambiando il modo in cui le aziende interagiscono con i clienti. Le conversazioni avvengono in ogni momento e da sempre. La tecnologia ci permetterà di semplificare i processi di connessione fra impresa e cliente.
Altri articoli che potrebbero interessarti:
- “Rebranding, cos’è e quando è necessario.”: leggi qui

Sono Fabiana e mi occupo di Community Management. Mi appassionano le sfide che ciascun progetto mi pone davanti. Dopo anni di lavoro nel mondo degli eventi e della formazione di infanzia, ho capito che la vita è sorprendente perché ti fa passare da tappe inaspettate ma bellissime
Personal branding: le strategie che cercavi a portata di click
Sii il brand di te stesso. Hai mai pensato al fatto che tu stesso puoi diventare un brand e posizionarti sul mercato? In un mondo in continua trasformazione, tu sei l’artefice del tuo successo e il tuo miglior testimonial. Devi soltanto capire come costruire una tua marca personale e valorizzarla.
In questo articolo, oltre a spiegarti l’importanza di puntare sulla tua marca personale, ti darò degli strumenti su cui lavorare.
Cos’ è il Personal Branding?
Riccardo Scandellari afferma che il Personal Branding consiste nella comprensione e valorizzazione delle capacità e qualità personali, attraverso un’adeguata comunicazione ad un pubblico interessato (Fai di te stesso un brand, ndr).
La marca personale non è altro che un insieme di elementi, una somma di valori. È la marca che ci promette un dato risultato, che garantisce qualità.
Perché fare personal branding?
Il Personal Branding e la web reputation sono sempre più importanti nella vita professionale di tutti noi. Devi costruire la tua reputazione ma al tempo stesso devi farti percepire come vero e autentico nel caotico mondo del web.
Potresti frequentare un corso di digital marketing e infarcirti di nozioni teoriche ma a lungo andare non ti servirà a niente. Prima, devi comprendere bene chi sei e cosa puoi offrire al mercato. Cosa ti distingue dagli altri. Perché qualcuno dovrebbe scegliere te e non un altro.
Il primo passo da compiere è identificare gli aspetti che ti contraddistinguono, come persona prima e come marca personale poi.
Attenzione, non devi fare un percorso catartico per scoprire la persona che potresti diventare, racchiudendoti in preghiera. Non fare niente di così trascendentale. Devi semplicemente lavorare sulla persona che sei ora.
Come? Scoprendo ed esaltando i tuoi punti forti, individuando il tuo valore, le tue attività, risorse e partner chiave.
Più avanti ti darò qualche strumento di marketing che ti permetterà di farlo. Come ti ho già accennato, infatti, non ricorreremo alla meditazione ma costruiremo il te/marca come si fa con un prodotto da posizionare sul mercato.
Chi deve fare Personal Branding?
Che tu sia un giovane alle porte del mondo del lavoro, o un manager, o un imprenditore affermato nel tuo mercato di riferimento, non puoi smettere di curare la tua immagine personale e professionale. C’è solo un’occasione di fare una buona prima impressione!
Il colloquio di lavoro o quello con un potenziale cliente sarà anticipato da una ricerca da parte del recruiter/cliente. Vorranno sapere chi sei e per farlo ricorreranno al web. Non è un’ipotesi ma un’assoluta certezza.
Per questo motivo cura i tuoi profili social , rendili credibili ed efficaci allo scopo. Se opportuno, prenditi cura di un blog.
Strategie di personal branding
Per fare personal branding devi lavorare sulle tue mission e vision. Devi avere ben chiare quali sono:
- le tue attitudini
- i tuoi punti di forza
- le risorse che hai a disposizione
- le tue debolezze
- le tue motivazioni
- il tuo obiettivo.
Questi sono tutti elementi che costituiscono la tua personalità e li devi tenere in considerazione per andare a posizionare correttamente il tuo prodotto personale, così da intercettare uno specifico segmento di mercato. Non troverai le risposte in nessun manuale ma dentro di te.
Di seguito ti mostro alcune tecniche per fare una corretta analisi del tuo potenziale.
Step 1: Analisi Swot
Per costruire un personal branding efficace bisogna partire da se stessi. Ecco perchè è utile fare un’analisi SWOT della propria carriera. Si tratta di analizzare i propri trascorsi, i punti di forza, quelli di debolezza, il mercato.
Gli strumenti classici del marketing, come vedi, possono essere utilizzati anche per costruire la tua immagine professionale.
Prendi carta e penna e inizia!

Step 2: utilizza il Business Model Canvas
Un altro strumento molto utile per buttare giù le idee e strutturarle è il BUSINESS MODEL CANVAS.
Il modello Canvas è un documento che viene realizzato prima di un business plan. È utile per rendere comprensibile e fortemente visivi gli elementi che compongono la tua organizzazione.

Prenditi qualche giorno e compilalo. Raccogli bene le informazioni su te stesso. Alla fine ti renderai conto di avere le idee più chiare su te stesso e potrai iniziare a lavorare sul lancio della tua marca personale, oltre che sulla promozione delle peculiarità singolarmente.
Step 3: Scrivi un obiettivo in chiave SMART
Senza obiettivi non puoi procedere in maniera ordinata e produttiva. Il modo migliore per farlo è seguendo il modello SMART.
S = Specific (Specifico)
M = Measurable (Misurabile)
A = Achievable (Realizzabile)
R = Relevant (Rilevante)
T = Time-based
Fare Social Branding
I social media hanno il potere di metterci in contatto con milioni di persone e di amplificare la nostra voce.
Per costruire il nostro personal brand è utile conoscere tutte le possibilità offerte da ciascun social network.
In base agli obiettivi che hai definito, adesso identifica il tuo canale di promozione personale.
È vero che la brand awareness si costruisce attraverso diversi canali, ma l’immagine che il web restituisce all’utente è percepita come univoca, quindi devi essere coerente su ogni profilo.
Facebook e Instagram
Se sei arrivato a questo punto e hai utilizzato gli strumenti che ti ho dato, avrai già preso in considerazione il fatto di modificare l’immagine di te veicolata dai tuoi profili social.
Se hai deciso che questi devono essere il tuo canale di lancio, oltre che un ulteriore palcoscenico dove mettere in mostra il tuo valore, inizia a pensarli come opportunità professionale.
Devi creare una strategia per posizionarti bene sia su Facebook che su Instagram.
Devi avere ben chiaro di cosa vuoi parlare, a chi ne vuoi parlare, che tono utilizzare.
Definisci se comunicare attraverso immagini performanti o testi efficaci. Entrambi, non guasterebbero, ma le regole cambiano su ogni piattaforma che utilizzi.
Per il professionista o per chi cerca nuove opportunità di lavoro, fare personal branding su LinkedIn è un modo di comunicare se stessi in modo più autorevole.
Per questo, è importante: tenere aggiornato il profilo, creare un network di professionisti con cui condividere interessi, chiedere e ricambiare feedback, instaurare conversazioni, ecc.
Inizia con il seguire i profili affini alla tua professione, e collegarti ai professionisti che conosci realmente e con cui hai già avuto relazioni di lavoro. Puoi chiedere loro di supportarti rilasciando una referenza o confermando le tue competenze indicate sul profilo.
Twitter è una sorta di piattaforma di micro-blogging: solo 280 caratteri per raccontarsi, commentare e condividere. Si tratta di un ottimo strumento per monitorare influencer e brand, soprattutto se sono organizzati in liste. L’hashtag (#) assume un ruolo centrale, perchè ti offre la possibilità di calarti velocemente in un argomento o specifico settore, secondo specifiche caratteristiche per le quali vuoi che il tuo profilo professionale sia interessante.
Youtube e Pinterest
Vuoi far leva sui contenuti video o immagini? devi puntare su questi due social. Non sottovalutare la potenza che oggi può avere un video o un’immagine. Punta sempre sulla qualità dei contenuti prima ancora che sul volume.
Blog
Hai mai pensato di vendere te stesso e le tue idee tramite un blog? Scrivi articoli che facciano emergere le tue competenze e che offrano soluzioni su temi inerenti il tuo lavoro.
Devi farti conoscere, raccontarti e trasmettere il tuo valore.
Il fulcro oggi sono i contenuti declinati sotto forma di parole, video, immagini, musica.
Tutto deve essere funzionale al raggiungimento del tuo obiettivo finale, creando valore per essere competitivo rispetto agli altri.
Costruire se stessi come una marca, non è semplice. Per questo molto probabilmente ricordi il nome di due o tre chef stelle del web, o avvocati, o consulenti di qualsiasi campo.
Ecco perché se vuoi intercettare clienti online e diventare un brand credibile e accessibile potrebbe essere determinante un professionista del settore che ti guidi.
Raccontaci chi sei e insieme costruiremo la tua immagine professionale o, se preferisci, il tuo personal brand.
Altri articoli che potrebbero interessarti:
- “Rebranding, cos’è e quando è necessario.”: leggi qui

Ciao sono Antonella, e sono un’ eclettica sognatrice.
Alcuni mi definiscono un’eterna indecisa, io invece amo dipingermi come un’anima multipotenziale.
Scrivo da quando ho imparato a mettere insieme le parole. La scrittura mi ha fatto scoprire mondi paralleli dove mi perdo ogniqualvolta ho bisogno di dare pennellate di colore alla mia vita. Sono entrata per caso nel mondo digital e da allora non ne sono più uscita. Il mio motto? Non smettere mai di imparare
Instagram e il Food. Come pubblicizzare al meglio cibo e bevande
Non è esagerato parlare di cibomania. Su Instagram si sprecano gli hashtag dedicati al cibo, al vino e a tutto quello che ruota intorno all’universo enogastronomico. Come sfruttare Instagram per pubblicizzare un ristorante?
Oltre un miliardo di utenti attivi. Un numero sempre crescente di filtri e posizionamenti, funzioni di collegamento per lo shop veloce e nativo.
Nel 2020 Instagram è uno dei social network più utilizzati, con oltre 500 milioni di Stories quotidiane e oltre 200 milioni di visite giornaliere a profili aziendali.
Di sicuro Instagram è un luogo eccezionale per raccogliere feedback sulle preferenze degli utenti/consumatori, soprattutto nel comparto del food.
Grazie al secondo social network più potente di Facebook Inc., è semplice intercettare i food trends e sviluppare le proprie strategie di marketing e commerciali analizzando le community attive.
Gli hashtag come strumento per migliorare le performance.
Gli hashtag possono rappresentare una risorsa preziosa.
- #food si piazza al 25° posto nella classifica degli hasthag più utilizzati a livello globale.
- #foodporn invece è stato utilizzato più di 121 milioni di volte.
Numeri che offrono un’ordine di grandezza di quanto il cibo sia presente trai i contenuti, e quanto consumatori e aziende possono influenzare i trends.
Perchè le aziende possono beneficiare dei contenuti altrui.
Un’analisi anche superficiale dei contenuti – tanto quelli testuali quanto visivi – offre l’opportunità di scovare non solo le preferenze degli utenti in fatto di cibo, ma anche e soprattutto il sentimento o le emozioni legate al momento in cui il cibo viene consumato.
Nutrirsi non è più semplicemente un bisogno primario della specie, ma uno strumento sociale, un pretesto per coltivare relazioni, una dimensione di sperimentazione e creatività.
C’è dell’altro. Monitorare orari, testi e “sentiment” può aiutare a comprendere meglio il perchè un pranzo tenda sempre più spesso a trasformarsi in un brunch, o una cena in apericena.
Cosa vuole davvero la gente? Quando si esce tra amici, che tipo di esperienza si ricerca? Instagram – e i social in generale – possono dare una grande mano a migliorare l’offerta di un locale… o quantomeno il registro adottato.
Geografia dei Trends
Va detto però che qualsiasi analisi deve necessariamente tenere conto di molti parametri. Una visione superficiale di hashtag o di numeri crudi, potrebbe persino rivelarsi fuorviante.
Potrei ad esempio dirti che l’hashtag #pasta è stato utilizzato più di 11 milioni di volte e che gli spaghetti sono tra i più fotografati in assoluto. Ti sorprenderebbe sapere che il primo paese al mondo in cui viene utilizzato…non è l’Italia?
Proprio così, il nostro paese segue in seconda posizione gli Stati Uniti, area in cui la cultura enogastronomica italiana raccoglie larghi consensi, uno dei mercati più profittevoli per chi ha intenzione di sviluppare export del made in Italy
Per questo, e per molte altre ragioni, bisogna valutare numerosi aspetti prima di utilizzare un dato a supporto di una strategia.
Non solo cibo, spazio al vino.
Il vino piace. Ma non da solo.
Il vino si accompagna sempre o quasi al cibo (i numeri ci dicono che la portata più accoppiata al calice è, pensa un po’, un bel piatto di spaghetti) e altrettanto spesso alle persone. Si, perchè il vino, stando a quanto ci restituiscono i dati, è simbolo di relazione, amicizia, incontri e anniversari. Il vino è un collante, tra portate, persone, culture.
Raccontare il vino quindi, deve inevitabilmente includere il racconto di sentimenti, occasioni, accostamenti di gusti e profumi.
In tutta onestà, a quanti piace bere del vino solo a casa senza un buon motivo per festeggiare?
Contenuti visivi
Spazio dunque al food storytelling, al racconto del cibo e degli ingredienti attraverso contenuti visivi, reportage, storie, senza dimenticare il linguaggio e le preferenze stilistiche.
Un ristorante deve necessariamente raccontare le proprie portate, anche in modo astratto, non convenzionale, ma mai slegandolo dalle occasioni, ovvero i momenti per i quali l’utente può sentire il bisogno di consumare quel pasto.
Le persone? Un vantaggio sempre, perchè le persone “comprano” persone: chefs, produttori, critici.
Contenuti testuali
E se gli utenti tendono a legare ai propri contenuti dei valori, attraverso citazioni e riflessioni, altrettanto può fare il ristoratore, esplorando i propri valori e quelli del ristorante e trasformandoli in un copy che dia risalto alle qualità o alle origini dei piatti.
Sempre meglio di tristi slogan e discutibili giochi di parole, o peggio, l’ invito a prenotare prima che finiscano i posti!
Altri articoli che potrebbero interessarti:

Ciao, sono Gabriele Brancatello.
Mi prendo cura dei miei baffi con amore incondizionato. Sono convinto che mi facciano sembrare più cattivo. Ma in realtà, quando li arriccio sono più creativo.