Le 4 P del Marketing: ieri e oggi, tra cambiamenti e adattamenti.
“Metti il prodotto giusto, nel posto giusto, al prezzo giusto, nel momento giusto”.
Non ci crederai, ma in questa frase sono sintetizzati i capisaldi del marketing mix del secolo scorso.
Product, Place, Price, Promotion sono 4 P teorizzate da Jerome McCarthy e rese celebri dal guru del marketing Philip Kotler.
Nell’ultimo secolo il mercato ha subito diversi cambiamenti. Le 4 P non sono morte, come alcuni sostengono, ma si sono adeguate alle trasformazioni, entrando in relazione con altri parametri.
Per strutturare una strategia di marketing in questo nuovo poliedrico contesto, Kotler ha adeguato le famose 4 P a nuovi possibili orizzonti teorici, che includono nuovi concetti tra cui le 4C.
“Nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma”, diceva Lavoiser. Prendiamo in prestito il postulato per comprendere a pieno ciò che lega le P di ieri a quelle di oggi.
Cosa sono le 4P del Marketing
Le 4 P descrivono e sintetizzano quelle che sono le quattro leve fondamentali del marketing, che appunto iniziano tutte con la lettera P.
Le 4 P sono ancora valide nelle strategie di marketing ed utili per pianificare un’offerta di prodotto di successo.
Analizziamole una ad una.
Prodotto (Product)
Il prodotto è stato il protagonista principale del marketing sino al secolo scorso ma oggi il mercato è cambiato. Il posto privilegiato di cui godeva adesso è occupato dal brand, entità sempre più indipendente dal prodotto.
Un prodotto può essere un bene tangibile o un servizio intangibile che soddisfa un bisogno o una mancanza per il consumatore. Qualsiasi sia il tuo prodotto è necessario che tu abbia ben chiaro quali sono i punti di forza e di debolezza di quest’ultimo e quali sono gli elementi che lo rendono unico.
Le strategie di prodotto, ad esempio, riguardano naming, branding, packaging…
Prezzo (Price)
Il prezzo è l’importo che l’utente finale dovrà pagare per avere il prodotto. Stabilire il prezzo non è solo un’attività arbitraria ma dipende da qual è il valore percepito del prodotto da parte del target. Infatti, lo stesso prodotto, può essere commercializzato a prezzi molto diversi in diverse parti del mondo.
Se un prodotto ha un prezzo superiore o inferiore al suo valore percepito, molto probabilmente non verrà venduto. Ecco perché è indispensabile capire come un cliente percepisce ciò che gli stai vendendo.
Promozione (Promotion)
La promozione riguarda le strategie e le tecniche che servono a vendere il prodotto.
La promozione, oggi più che mai, include numerosissimi elementi quali: pubbliche relazioni, pubblicità tradizionale, social media, promozioni commerciali, marketing, email marketing, search engine optimization e altro.
Ognuno di questi punti deve essere sempre e comunque supportato da un adeguato ritorno sull’investimento (ROI).
In base alla tua strategia di marketing, dovrai valutare quale promozione risulti più efficace.
Luogo (Place)
Il place corrisponde al canale (o ai canali) di distribuzione in cui il prodotto verrà fornito al cliente.
In questo caso è molto importante conoscere le abitudini dell’utente o il suo comportamento di acquisto, così da individuare il canale più adatto e più efficace per vendere il prodotto.
In questa fase rientrano tutte le attività mediante le quali il prodotto arriva al consumatore finale: distribuzione, trasporto, punti vendita.
Quali sono gli ingredienti del marketing mix?
Interdipendenza, flessibilità, centralità del cliente e monitoraggio costante. Ecco gli ingredienti da fondere insieme per produrre una strategia vincente.
Creare un prodotto di successo è relativamente semplice. Bisogna lanciare un prodotto che un definito gruppo di persone desidera e metterlo in vendita in un posto che quelle stesse persone visitano regolarmente. Tale prodotto deve poi corrispondere esattamente al valore che gli acquirenti si aspettano. tutto questo va fatto al momento giusto, quello in cui gli utenti sono meglio disposti a comprare.
Tale processo semplifica all’inverosimile quello che in realtà è un durissimo lavoro. Per di più basta un solo dettaglio sbagliato perché tutto fallisca, ritrovandosi per le mani un nulla di fatto e grandi risorse sprecate.
Immagina di commercializzare una eccellente auto elettrica in un territorio ancora sprovvisto di punti di sosta e ricarica. Sei sicuro che il commerciale otterrà buoni risultati?
Il Marketing 4.0: cosa è cambiato oggi
Philipe Kotler ha condotto delle analisi di nuove strategie di marketing, necessarie nell’era della digitalizzazione.
Kotler non ha inventato il marketing, ma lo ha ripensato. Negli anni i suoi libri ci hanno portato a guardare con occhi nuovi il processo di vendita dove l’attenzione si è spostata dal prodotto (come realizzazione di un bisogno dell’individuo) al cliente.
La novità sta proprio nella rivincita del brand. Il brand è ormai uscito dal sommesso cantuccio nel quale il vecchio modello del marketing mix lo aveva relegato, ovvero come entità dipendente dal prodotto, per divenire protagonista assoluto della competizione in molti mercati.
Il marketing 4.0, come lo ha battezzato Kotler, è il marketing delle relazioni connesse.
Viviamo in un mondo nuovo. La globalizzazione ha aperto nuove arene di sfide. La competitività delle aziende non sarà più determinata dalle loro dimensioni, dal Paese d’origine o dai vantaggi di cui hanno goduto in passato. Aziende più piccole avranno la possibilità di competere contro le più grandi, più vecchie e più globali. Un’azienda sarà più competitiva se riuscirà a collaborare con clienti e partner, per praticare la co-creazione e con le aziende per promuovere la cooperazione.
Questo processo sta conducendo alla convergenza fra il marketing tradizionale e quello digitale.
Più l’individuo diventa sociale, più desidera contenuti creati appositamente per lui e l’obiettivo del marketing deve essere quello di convincerlo ad acquistare un certo tipo di prodotto piuttosto che un altro.
I clienti accolgono con maggiore diffidenza le comunicazioni dei brand e fanno affidamento sul fattore F (famiglia, amici, follower e fan). Il processo di acquisto sta diventando sempre più sociale, dato che i clienti prestano sempre più attenzione alla loro cerchia sociale nel momento di prendere le decisioni.
Ne deduciamo che un segmento importante da intercettare sono proprio le community, cioè comunità digitali che si formano spontaneamente e che si proteggono dall’aggressivo metodo comunicativo di alcune aziende.
Il cliente digitale
Negli ultimi anni è poi nata una nuova tipologia di cliente. È giovane, vive in città, appartiene alla classe media e ha un elevato livello di mobilità e connettività.
Oggi il cliente è ambizioso, vive ad un ritmo accelerato, pretende che tutto sia rapido e a portata di pollice, perchè non ama perdere tempo.
Quando ricerca un prodotto lo fa sia online che offline e si fida ciecamente dell’opinione della propria cerchia di amici e conoscenti.
Di fronte alla nascita di questa nuova figura, che pretende velocità, qualità ed efficienza, anche il mondo delle aziende ed il mercato si sono dovuti adattare per non uscire dal mercato.
La connettività genera paradossi
Kotler afferma che il fulcro del nuovo marketing sono le connessioni. Tuttavia queste generano paradossi.
Il primo paradosso è che nonostante ci sia un’elevata digitalizzazione, l’elemento differenziante rimarrà sempre il tocco umano. Quindi una strategia vincente deve deve tener conto che per vendere online si debba essere solidi e affidabili offline e viceversa.
Il secondo paradosso riguarda i clienti, al contempo informati e distratti. Ricevono una grandissima quantità di informazioni da una molteplicità dei canali che li influenzano, anche se ciò che conta rimangono le opinioni degli altri. Di fatto gli utenti, oggi, si sentono incapaci di scegliere a causa del bombordamento a cui sono sottoposti.
Infine, il terzo paradosso riguarda il fatto che grazie alla connettività i brand hanno l’opportunità di ottenere un passaparola positivo esponendosi a quello negativo.
Per aumentare la probabilità che ci sia il passaparola conviene scommettere sui giovani, sulle donne e sui netizen, persone che partecipano attivamente su Internet.
Le 4 C per il cliente
L’interesse verso il cliente è aumentato così tanto, che Robert F. Lauterborn ha sostituito le 4 P con le 4C del marketing.
Questo modello converte le quattro P in quattro C più orientate verso il cliente vale a dire:
- Cliente (Consumer) al posto di Prodotto
- Costo al posto di Prezzo
- Comunicazione al posto di Promozione
- Convenienza al posto di Place (distribuzione)
Tali valori rappresentano in sostanza la domanda del cliente alla quale l’impresa deve correttamente rispondere con le 4 P.
Coinvolgendo i clienti sin dalle prime fasi dell’ideazione, le aziende possono aumentare la probabilità di successo del loro prodotto.
Il punto di vista del consumer permette di calarsi nei suoi panni e pensare nell’ottica dei valori ricercati. Il Marketing Mix deve incontrare i valori reali dei clienti, persone sempre meno passive e più pensanti.
Qual è oggi la strategia vincente?
Se sei arrivato a questo punto pensando di trovare in questo articolo la chiave di volta per sfondare nel tuo business, allora non sei nel posto giusto.
Non ci sono dei segreti universali per creare strategie vincenti. Esistono piuttosto delle strategie, metodi di analisi, fulcri dai quali partire.
Tenere a mente le 4 P e le 4 C è fondamentale, ma non basta.
Un elemento da tenere in considerazione è la Brand awareness.
Più sono le persone che ricordano il nome di un brand, più è probabile che venga consigliato.
Per incrementare la brand awareness senza alzare il budget è una buona idea stimolare le conversazioni fra i clienti. Questo processo presenta al tempo stesso alcuni rischi, dal momento in cui le conversazioni fra i clienti sono imprevedibili.
Un’altra strategia è quella della personalizzazione dei prodotti per soddisfare ogni cliente in modo unico.
I clienti tendono a riunirsi per tutelarsi e sentirsi più forti di fronte alle lusinghe delle pubblicità. Il marketing deve adattarsi a questa nuova realtà e creare dei brand che si comportino come esseri umani: accessibili e gradevoli, ma al tempo stesso vulnerabili.
Per farlo i brand possono mostrarsi autentici e sinceri, ammettere i propri punti deboli e non fingersi perfetti.
L’obiettivo è anche quello di eliminare le ansie delle persone, dal momento che in un mondo sempre più digitalizzato ricevono un’enorme quantità di stimoli che non riescono a controllare. Il marketing è diventato anche emozionale. Non più solo numeri. Le emozioni sono altresì fondamentali.
È un processo che consiste nel tenersi aggiornati su ciò che viene detto su Internet a proposito di un brand, in particolare sui social media e nelle comunità online.
Al giorno d’oggi, bisogna puntare, inoltre, sul content marketing. Ovvero creare e distribuire i contenuti interessanti per un pubblico definito, con l’obiettivo di fare nascere delle conversazioni.
I contenuti migliori sono quelli che i clienti sentono più vicini ai propri interessi e che raccontano storie che riflettono i caratteri del brand. A volte quei contenuti sono proprio i clienti a crearli.
Se pensi che il tuo brand abbia bisogno di rivedere le sue certezze e rinnovarsi di fronte alla nuova generazione di acquirenti, parlaci del tuo progetto e valutiamo insieme il percorso più efficace.
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Ciao sono Antonella, e sono un’ eclettica sognatrice.
Alcuni mi definiscono un’eterna indecisa, io invece amo dipingermi come un’anima multipotenziale.
Scrivo da quando ho imparato a mettere insieme le parole. La scrittura mi ha fatto scoprire mondi paralleli dove mi perdo ogniqualvolta ho bisogno di dare pennellate di colore alla mia vita. Sono entrata per caso nel mondo digital e da allora non ne sono più uscita. Il mio motto? Non smettere mai di imparare!
SEO e SEM, cosa sono e perché è importante saperlo per la propria presenza online.
SEO e SEM sono molto semplicemente le due facce della stessa medaglia, perchè in comune hanno il medesimo obiettivo – ovvero la visibilità online – ma lo fanno percorrendo due strade opposte e complementari.
Mettere on line il proprio sito, che sia uno shop o un blog, è solo il primo di una lunghissima serie di passi necessari e indispensabili per avere performance. L’obiettivo è che il sito appaia sempre nella prima pagina di ricerca su Google, in particolare nelle prime 3-5 posizioni della Serp di Google.
“Il luogo più sicuro dove nascondere un cadavere é la seconda pagina di Google”. Ironica affermazione ben nota nell’ambito della SEO e che gli addetti ai lavori hanno sentito o letto almeno una volta.
SEO e SEM sono due strumenti strategici che, se padroneggiati, hanno il potere di conquistare visibilità crescente sul web e di conseguenza maggiore traffico al sito. E traffico sta a clienti come crisalide sta a farfalla.
Entrambi indispensabili dunque, SEO e SEM, ma assolutamente diversi.
Prova a usare la query di ricerca “ristorante cinese” su Google. I primissimi risultati saranno accompagnati dalla parola in grassetto Annuncio e sono risultati SEM. Quelli che seguono, i risultati organici, dati da un lavoro certosino di ottimizzazione di precisi parametri del sito, sono invece il frutto di attività SEO.
Su cosa lavora la SEO.
SEO è l’acronimo di Search Engine Optimization e comprende tutte quelle attività volte a:
- agevolare la scansione del sito ai motori di ricerca, per comprenderne i contenuti e la struttura
- migliorare dati e metadati indispensabili per l’indicizzazione e la scalata alle posizioni dei motori di ricerca,
- Posizionare correttamente il sito rispetto agli argomenti che tratta e le soluzioni che offre.
Seppure l’attività SEO valga per qualsiasi motore di ricerca, va da sé che la maggior parte se non tutta l’attività afferente si faccia in funzione di Google, che è il motore di ricerca più noto, più utilizzato, più incisivo.
La SEO è indispensabile per i risultati organici, ovvero quelli generati da ricerche per parole chiave. L’utente ottiene un risultato, non perchè l’inserzionista stia pagando per essere visualizzato ogni volta che qualcuno utilizza specifiche parole nella ricerca, ma perchè il sito contiene argomenti e contenuti (articoli, prodotti, approfondimenti) affini quanto più possibile alle parole usate per la ricerca stessa.
L’attività di SEO è davvero complessa e articolata, necessitando di conoscenze trasversali che non sempre si ritrovano in un unico professionista. Si lavora sui Signal, ovvero quei dati che l’algoritmo del motore di ricerca riconosce ed elabora per comprendere ogni contenuto. Anzianità del dominio, backlink, codice di scrittura, frequenza di rimbalzo, dimensione e nome dei file multimediali, performance sui social e ancora, tag, script, velocità di caricamento, CSS, usabilità, link interni ed esterni, menu di navigazione, title e meta description, snippet, keywords. Se pensi che già così sia davvero tanta roba e poco comprensibile, sappi che abbiamo appena scalfito la superficie e senza uno schema preciso.
Come interviene la SEM.
Anche SEM è ovviamente un acronimo e sta per Search Engine Marketing. Racchiude tutte le azioni e le strategie per migliorare il posizionamento del sito. In alcuni contesti la sigla SEM include quella SEO – che è a sua volta un’azione strategica del marketing online – ma più comunemente si distinguono per non entrare in confusione tra organico e a pagamento.
Ancora più utile per la comprensione dell’argomento che stiamo trattando è specificarvi, anche l’esistenza, di quella che viene definita SEA, ovvero Search Engine Advertising. Questa si distingue in keyword advertising e contexual advertising, a seconda che il collegamento a pagamento al sito dell’inserzionista venga pubblicato nella SERP del motore di ricerca oppure all’interno di appositi spazi pubblicitari all’interno di siti affini.
In sostanza, SEM = SEO + SEA.
Grazie ad annunci a pagamento di vario tipo e formato, è possibile ancorare il proprio sito a specifiche parole chiave o a intere frasi (query) che gli utenti utilizzano sul motore di ricerca. Per offrire uno strumento utile agli inserzionisti, Google ha così dato vita a Google Ads (ex Adwords), una dashboard da cui è possibile configurare campagne pubblicitarie search (risultati testuali di ricerca), display (banner pubblicitari ospitati su altri siti su cui posizionare contenuti visivi quali foto, grafiche o animazioni) o Youtube (brevi video pubblicitari che anticipano l’inizio dei video più visti e obbligatori per almeno 5-7 secondi prima che si attivi il tasto salta l’annuncio).
Una volta messe in atto tutte le accortezze richieste dalla SEO, il SEM può amplificarne l’efficacia e ottenere risultati migliori, sfruttando il potere degli annunci.
Un Tandem offensivo.
Un sito è ben ottimizzato quando i crawler di Google riescono a scansionare agevolmente dati e contenuti e attribuire un punteggio molto alto al sito.
Immaginali come le robo-seppie che nel film Matrix scandagliavano i tunnel in cerca dei ribelli, i crawler sono dei software che analizzano contenuti automaticamente, rispondendo ai precisi input dell’algoritmo che, a sua volta, ha come obiettivo scandagliare il web in cerca di dati di valore, da offrire in modo efficace e tempestivo ai suoi clienti: gli utenti che iniziano la ricerca.
Il SEM forza un po’ questo meccanismo che ha luogo costantemente per ogni sito. Pagando, abbiamo la possibilità di evidenziare al motore di ricerca che nel nostro sito si parla specificatamente di un certo argomento e lo forziamo a restituire il nostro sito come primo – o fra i primi tre – risultato delle ricerche pertinenti.
Per fare una buona attività SEM, oltre ad un cospicuo budget e una buona conoscenza di come funzioni la piattaforma Ads di Google, è necessario comprendere il meccanismo di offerta e asta che caratterizza la pubblicità online, il valore delle parole chiave, i volumi di ricerca e i trends. Inoltre bisogna analizzare le abitudini di ricerca e le caratteristiche degli utenti, almeno quelli in target per i nostri contenuti. Dati demografici, caratteristiche generali, preferenze, peculiarità.
Infine, ma non meno importante, è opportuno analizzare in quale momento del processo decisionale e d’acquisto, si colloca il nostro annuncio. Il momento esatto in cui vogliamo intercettare a pagamento un utente, il suo grado di consapevolezza del problema e della soluzione/prodotto che sta cercando, determinano in modo significativo le scelte relative al messaggio pubblicitario. Offerta, copy, timing, CTA sono elementi che cambiano molto a seconda di quale azione desideriamo compia l’utente che clicca su un annuncio Google.
Differenze significative tra SEO e SEM.
Se sono riuscito a non confonderti fin qui e a offrirti una immagine chiara di questi due strumenti, bene! Non potrei essere più soddisfatto. Il tema è spinoso e per nulla semplice da affrontare o comprendere. Che siano due cose distinte ora ti è chiaro. Ci sono però delle differenze che è bene sottolineare.
Risultati
La SEO raccoglie risultati nel tempo – spesso serve molto tempo, mesi se non anni – mentre il SEM performa dall’attimo stesso in cui si avvia una campagna. Un articolo di blog ad esempio, scritto in chiave SEO ed eccezionale strumento di indicizzazione per un sito, è come un buon vino, ha bisogno di tempo per fermentare. Quanto tempo? Anche 1000 giorni. Tuttavia un buon pezzo è immortale e può vivere e galleggiare sui motori di ricerca per anni e anni.
La SEO performa anche dopo che avrai smesso di investire risorse, perchè i risultati di un buon lavoro si raccolgono a posteriori, mentre il SEM smette di performare nel momento in cui esaurisci il budget o disattivi la campagna.
Costi
La SEO è gratuita, perchè potresti essere abbastanza in gamba da fare tutto da te – perchè no. Il SEM invece, anche se dovessi configurare in autonomia le tue campagne, richiederà sempre un investimento pubblicitario. La verità oltre le apparenze è che entrambe le attività richiedono degli investimenti, in persone, contenuti e budget pubblicitario.
Targeting e pertinenza
La SEO ti offre visibilità a chiunque stia effettuando ricerche affini al tuo argomento di business. Il SEM, invece, mostra i tuoi annunci solo ad un target prestabilito di persone, escludendone altre, seppure stiano ricercando argomenti affini al tuo. Ad esempio, se hai un’attività locale che non vende servizi al di fuori del proprio comune, è opportuno che il budget venga destinato ai soli utenti che vivono o si trovano all’interno della città. Il rischio è sprecare preziose risorse economiche in pubblico che non potrebbe acquistare il tuo prodotto neanche volendo. È la dura legge del pay per click.
Va detto che il tuo sito, e la sua autorevolezza agli occhi del motore di ricerca, crescono con l’aumentare del traffico indipendentemente da come sia stato prodotto. La SEO porterà traffico generico, il SEM probabilmente un traffico più qualificato. Entrambi sono utili allo scopo.
Contenuti
Per ottenere il massimo dalla SEO dovrai produrre contenuti più lunghi e strutturati, stabili e permanenti, pensati per performance a lungo utilizzo, come ad esempio un blog e i suoi articoli. Il SEM, invece, predilige contenuti estemporanei, come ad esempio una landing page o un prodotto Limited Edition. Non importa se quel prodotto rimarrà per poco tempo sul tuo shop o se la strategia costruita sulla landing page sia temporanea. Terminate le campagne, si interromperà il traffico ai contenuti specifici.
Brand identity
Entrambe le attività sono utili per costruire una forte brand identity online e migliorarne la reputazione e l’authority. Tuttavia il SEM può essere determinante per proteggerla dai cosiddetti incubatori.
Immagina un B&B che voglia aumentare le prenotazioni sul proprio sito ma che contestualmente è presente su siti come Booking o Trivago. Un utente che su Google utilizza parole di ricerca affini al pernottamento verrebbe intercettato quasi certamente da questi colossi, che investono milioni di euro in annunci per migliaia e migliaia di parole chiave. Questo accadrebbe anche se l’utente digitasse il nome specifico del B&B in questione, perchè questi portali utilizzano i nomi delle strutture come parole chiave con cui intercettare traffico a pagamento.
Ecco perchè è importante che le attività investano il proprio budget – prima che su articolate strategie SEM – quantomeno nel tutelare le proprie parole chiave, quelle legate al nome stesso dell’attività e al settore merceologico. In questo modo – e solo in questo modo – una piccola struttura ricettiva ha qualche chance di concludere prenotazioni sul proprio sito, riducendo le commissioni da pagare alle agenzie di viaggio online. Alle volte bastano pochi euro al giorno per risparmiare centinaia di euro di commissioni.
Vale per i ristoranti, gli hotel ma anche per chi vende scarpe o abbigliamento o altri prodotti reperibili sugli ingombranti Amazon e Zalando.
SEO e SEM? Cosa preferire?
Sono certo che la mia risposta la immagini.
Non scegliere!
Non sono due alternative ma due scarpe. Andresti mai in giro con un solo piede nudo?
È un tandem perfetto per un risultato perfetto, ovviamente con un’infinità di sfumature sul percorso date dal tempo, dalle competenze, dalle professionalità coinvolte e dai budget stanziati.
Combinando insieme i due strumenti otterrai:
1- traffico subito e traffico nel tempo
2- aumento dei click al link e riduzione del bounce rate, ovvero la tendenza degli utenti a entrare in un sito e uscire entro pochi secondi, cosa che penalizza il posizionamento.
3- crescita progressiva della reputazione
4- dati costanti da analizzare, grazie alle performance di Ads, appunto, e a Google Analytics. A questi puoi affiancare altri utilissimi tools come Google Trends, SeoZoom, SEMrush…
L’aspetto più interessante? Facendo costantemente attività di monitoraggio dei trends e sviluppando una buona strategia SEO, potrai lentamente incidere sul mercato e smettere di subirlo passivamente.
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Ciao, sono Nazareno, uno dei BBrothers.
La mia giornata si (s)compone tra letture, strategie digitali, test, scrittura, social media e slide.
Sono un sognatore con i piedi per terra. Mi impegno per essere un punto di riferimento credibile per il mio staff e i miei clienti.
Mi occupo principalmente di copywriting e di tutte le attività editoriali del team.
Imparo ogni giorno qualcosa di nuovo sul marketing digitale che metto a disposizione dei miei clienti.