Crescere (e vendere) su Instagram: 5 strategie per la tua community
Un miliardo di utenti attivi, metà dei quali accede ogni giorno alla piattaforma: Instagram non è più un social in ascesa, ma ormai una realtà consolidata che ogni azienda vuole utilizzare per ottenere un risultato. La natura di questo risultato può anche variare, in funzione dell’obiettivo che l’azienda si pone: a differenza di quanto si possa pensare, infatti, non sempre vendere è la finalità di ogni strategia di marketing. Anzi, tutto il contrario: proprio sui social, e in particolare su Instagram , l’azione dell’acquisto arriva dopo un lungo processo di interazione tra brand e persone. Interazione, brand, persone: sono queste le tre parole chiave da tenere come punto di riferimento per ogni strategia di crescita Instagram, perché proprio questi elementi costituiscono le fondamenta di qualsiasi community presente sul social network.
Follower, community, fanbase: le differenze
Di cosa parliamo davvero quando diciamo “crescere su Instagram”?
Esistono davvero tanti parametri di riferimenti all’interno della piattaforma per definire un solo percorso di crescita per ogni brand.
In generale, gli obiettivi che si possono perseguire nella definizione di una strategia di crescita Instagram sono tre:
- aumento dei follower;
- aumento dell’engagement;
- aumento delle vendite.
L’ultimo dei tre è quello, ovviamente, più auspicabile, ed è anche l’unico che può derivare dai primi due obiettivi e non viceversa. Per incrementare gli acquisti deve obbligatoriamente aumentare uno dei due fattori, i follower o l’engagement – in realtà quello davvero importante è solo uno dei due, ma prima di scoprire quale, diamo una corretta definizione di entrambi i termini.
Follower
I follower rappresentano la totalità delle persone che segue il tuo profilo Instagram. Sono facili da individuare, in quanto Instagram, sulla parte alta del profilo, li segnala chiaramente sotto la voce “follower”.
Il fatto che seguano il profilo non deve però dare l’illusione che seguano ogni nostra pubblicazione, che siano realmente appassionati del nostro brand e che non si perdano un solo post, come speriamo effettivamente.
Questo risultato, e di conseguenza una più alta probabilità di acquisto, si ottiene solo creando una community.
Community
Come suggerisce lo stesso termine, una community è una comunità di persone che hanno in comune un interesse o una passione. Nel caso di Instagram, la community si forma intorno a un brand che trasmette dei valori in cui le persone possono riconoscersi.
Questo è ciò che succede quando un brand non si limita a parlare dei suoi prodotti, ma dialoga con gli utenti che lo seguono e forma delle relazioni: risponde sempre ai messaggi privati e ai commenti sotto i post, crea delle challenge che coinvolgono gli utenti, organizza eventi offline promuovendoli su Instagram, mette in atto delle azioni che spingono le persone verso una risposta.
Il follower non subisce più passivamente i contenuti del profilo Instagram, ma diventa parte attiva. È anzi contento di far vedere la propria passione, postando anche in maniera spontanea delle immagini che lo ritraggono mentre usa il prodotto o il servizio del brand relativo.
Quindi, come comportarsi tra follower e community?
Possiamo uscire fuori dal mondo di Instagram e fare questa stessa domanda utilizzando altre parole: è meglio avere tanti conoscenti, o pochi amici, ma buoni?
Il principio è esattamente lo stesso. Avere tanti follower può rendere un brand più conosciuto, è vero, ma tale conoscenza può rimanere sempre a un livello superficiale se non si investe nelle relazioni con i propri follower e non si coltivano le passioni in comune con il proprio target, creando contenuti condivisibili in cui è facile riconoscersi.
Creare una community è proprio questo: ascoltare le richieste delle persone che ti seguono, i loro bisogni, le loro necessità, i loro dubbi, e condividere con loro progetti, idee, contenuti utili che ti rendano parte della tua stessa comunità.
Crescita Instagram: 5 strategie utili per la tua community
Quindi, in che modo si possono trasformare follower passivi in partecipanti attivi della tua community?
Qui ti suggeriamo cinque tecniche facili da applicare, che non richiedono alcuno sforzo economico, e che puoi replicare ogni volta che vuoi per “trascinare” dentro il tuo brand le persone giuste, che diventeranno poi tuoi clienti.
Parti dall’analisi dei tuoi contenuti
È difficile stabilire come andare avanti bene, se non sai qual è stata la reazione di chi ti segue ai tuoi post precedenti. Analizzare i contenuti già pubblicati e i risultati che hanno portato è un’operazione da fare costantemente, prima di pianificare nuovi contenuti e dare una direzione chiara e profittevole al tuo profilo.
Stabilisci un piano editoriale
La spontaneità, su Instagram, è la strategia migliore? Non sempre. Il profilo rigido, tutto pianificato nel minimo dettaglio, può non essere la soluzione migliore; in ogni caso, però, pubblicare solo seguendo le mode del momento, il pensiero del giorno o spunti di riflessione che non hanno un filo logico e conduttore tra un post e l’altro, fa sì che il risultato finale non sia coerente e le persone faticano a capire bene cosa vuoi dire.
Il piano editoriale è uno metodo di programmazione dei post che puoi realizzare su un foglio Excel, inserendo date, orari, macro argomenti e obiettivi che vuoi ottenere da ogni post. In questo modo puoi programmare con largo anticipo i contenuti del tuo feed, basando sui risultati ottenuti dall’analisi precedente.
Mettici la faccia, mettiti in gioco
Le persone si affezionano più alle persone che ai brand. Ecco perché, specialmente se il tuo è un brand personale o un’azienda familiare e nascente, metterci la faccia e parlare direttamente al tuo pubblico potrebbe essere la soluzione migliore per creare un reale affetto tra te e il tuo pubblico.
Un consiglio: non perseguire la perfezione a tutti i costi! Non aspettare di avere i capelli perfetti, il trucco perfetto o la luce più indicata per risaltare la tua bellezza. Chi ti segue ha bisogno di verità, non di filtri costruiti.
Instaura relazioni con altri brand o influencer
Ogni persona che decide di seguirti seguirà sicuramente altri brand o influencer, e se vi segue entrambi è probabile che ci sia tra te e loro una serie di punti in comuni quali gli argomenti trattati, il target che vi segue, il tono di voce e altri fattori.
Una buona opportunità per attirare ancora più follower in target è quella di creare dei sodalizi, sotto forma di dirette Instagram, post complementari, sponsorizzazioni e altro ancora, che riportino uno al profilo dell’altro e vi conoscano e riconoscano come personalità affini, entrambe da seguire.
Cura il tuo feed (anche graficamente)
Foto stock? No, grazie! Se l’intento è quello di far conoscere te e la tua azienda in maniera trasparente e onesta, conta sul fatto che condividere foto di vita reale e dei tuoi prodotti in situazioni di utilizzo quotidiano ha un appeal molto più alto di immagini esteticamente perfette, ma non rappresentative di te.
Oltre alla scelta delle foto da pubblicare, un feed armonico nei toni e nei colori ha una resa estetica molto più alta e risulta maggiormente accattivante per i potenziali follower.
Ricapitolando…
I social sono un lavoro a tempo pieno, che richiede uno studio attento dei risultati e una pianificazione ad hoc per i tuoi utenti. Se hai bisogno di un’agenzia di comunicazione a Palermo per i tuoi canali social, contattaci.

Ciao, sono Simona e una delle prime parole che ho pronunciato è stata “panna” (penna, ma sono palermitana e tendo ad aprire le vocali).
Ho iniziato a scrivere per raccontare, per informare, per non dimenticare impegni, per appuntare idee e per far divertire.
Così sono finita a fare la copywriter. Con tutto rispetto per tutti, il mio è il lavoro più bello del mondo.
I Web Vitals. La nuova iniziativa di Google per valutare la User Experience di un sito web.
I Web Vitals sono nuove metriche introdotte nell’algoritmo di valutazione di Google che spostano l’attenzione non più sui contenuti di un sito, bensì sull’esperienza di navigazione dell’utente. Non conterà più solo la qualità del risultato che Google può offrire ma l’accessibilità e la credibilità del sito che lo ospita.
Tre nuovi fattori costringeranno noi programmatori a fare ancora più attenzione all’user experience. I Web Vitals riscriveranno letteralmente la serp di Google, modificando le gerarchie dei risultati (ad esclusione degli annunci a pagamento) e migliorando lo score di quei siti che mettono l’utente e la sua esperienza al centro delle loro scelte.
I fattori principali, definiti Core Web Vitals, con cui si potranno valutare le pagine web sono LCP (Largest Contentful Paint), FID (First Input Delay) e CLS (Cumlative Layout Shift); vediamoli nel dettaglio cercando di evitare tecnicismi.
LCP (Largest Contentful Paint)
Il Largest Contentful Paint è il tempo di rendering dell’elemento più pesante all’interno della finestra di visualizzazione.
La pesantezza di immagini e video all’interno di una pagina web è sempre stata una delle cause principali delle cattive performance di un sito; con questo nuovo parametro non viene valutato il tempo complessivo di caricamento di una pagina (che continua comunque a rivestire un ruolo importante nella valutazione), ma solo il tempo che impiega a caricarsi l’elemento più pesante (molto probabilmente un’immagine o un video) tra quelli immediatamente visibili sullo schermo.
Il tempo di caricamento ideale è al di sotto dei 2.5 secondi.
FID (First Input Delay)
Il First Input Delay è un parametro che non si calcola immediatamente al caricamento di una pagina, ma dal momento in cui l’utente compie la prima azione sul sito (ad esempio il click su un pulsante o l’attivazione di uno script); dall’input dell’utente viene poi calcolato il tempo di elaborazione del server.
Se prendiamo ad esempio un menù a tendina che si espande al click dell’utente, il FID è il tempo che intercorre tra il click dell’utente sulla voce del menù e il completamento dell’apertura del sottomenù.
Il FID scoraggia quindi l’esecuzione di script eccessivamente pesanti, favorendo una navigazione fluida ed immediata.
Per valutarlo positivamente, il First Input Delay deve mantenersi al di sotto dei 100 millisecondi.
CLS (Cumlative Layout Shift)
Il Cumlative Layout Shift infine valuta la stabilità di una pagina web.
Se un elemento della pagina è molto pesante, o si carica in maniera asincrona, o si aggiunge dinamicamente tramite uno script in seguito al corretto caricamento della pagina, capita che la pagina possa “muoversi” o subire variazioni durante la navigazione a causa dell’introduzione dell’elemento in questione.
Questo fa sì che l’esperienza dell’utente ne risenta: immaginiamo di voler cliccare sul pulsante “annulla ordine” di un e-commerce, ma a causa del caricamento asincrono di un elemento il pulsante si sposta qualche centimetro più in basso nel momento in cui facciamo click, e finiamo per selezionare “conferma ordine”.
Il CLS si calcola quindi in base al numero di modifiche inattese che accadono in seguito al corretto caricamento della pagina, e idealmente dovrebbe essere pari a 0, ma viene fornita – generosamente – da Google una tolleranza di 0,1.
Strumenti Utili per verificare il tuo sito
Se vuoi verificare che il tuo sito sia in linea con i nuovi parametri di Google, Chrome mette a disposizione un’estensione apposita a questo link
Una volta installata clicca sull’icona in alto a destra nel browser (il quadrato colorato rosso o verde) e otterrai un punteggio per ognuno dei tre parametri rispetto alla pagina attualmente visualizzata.
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Ciao sono Marco, mi definiscono un programmatore ed io mi fido.
Mi piace isolarmi ed immergermi nella scrittura del codice, cimentandomi in sfide sempre nuove… il tutto con un bel pezzo di pizza in mano.
Datemi del cibo ed un computer e non avrò bisogno d’altro.
E-Commerce e Covid: quando le crisi aiutano le vendite online.
Durante il lockdown gli italiani non hanno smesso di fare acquisti online ed è un dato che sorprende se si pensa che l’incertezza dell’economia dovuta alla crisi sanitaria ha spinto molti di loro ad essere più cauti negli acquisti.
Lo strumento più usato per navigare e comprare è stato lo smartphone con un incremento in termini monetari pari a 12,8 miliardi di euro, 42% in più rispetto ai 12 mesi precedenti. Lo smartphone inoltre favorisce gli acquisti di impulso, personalizzati sulla base delle informazioni salvate sul dispositivo ed è ovviamente uno strumento omnicanale, ovvero capace di stabilire una presenza nei diversi canali e piattaforme permettendo ai consumatori di comprare, interagire ed essere coinvolto in maniera simultanea e senza nessuna perdita nella customer experience.
I fattori alla base della crescita dell'e-commerce.
- Sviluppo nella progettazione di customer journey nativa mobile.
- Diffusione d’uso dello smartphone come primo strumento di ricerca.
- Miglioramento della connessione e della tecnologia.
Se l’emergenza sanitaria del Covid19 ha causato gravi perdite economiche a livello mondiale, ha spinto anche il consumatore a riprogettare l’esperienza di acquisto favorendo un “salto evolutivo” del negozio online. Dall’inizio del 2020 ad oggi il web ha acquisito 2 milioni di nuovi consumatori: 1,3 arrivano direttamente dalle piattaforme di acquisto nate durante l’emergenza Covid. Il commercio sul web è il settore che crescerà di più a livello mondiale con un aumento stimato del 55%.
E-commerce di prossimità e Modern food retail
Non è un segreto che la crisi abbia obbligato noi consumatori a cambiare radicalmente alcune abitudini. Ma è davvero un risvolto negativo?
No, assolutamente!
Siamo riusciti in pochi mesi a ridisegnare comportamenti di acquisto che sicuramente rimaranno stabili a prescindere dalla crisi che stiamo vivendo: è una opportunità che le piccole e medie imprese non possono farsi scappare. Cambiano le nostre abitudini r cambia, anche, il consumo di cibo.
Tra le modalità d’acquisto in crescita:
- il modern food retail ovvero la distribuzione alimentare a domicilio
- il click and collect ovvero la possibilità di comprare online per poi ritirare fisicamente in negozio: il “compra e ritira” è cresciuto del 349%, e ci si aspetta che nei prossimi mesi diventerà un’abitudine sempre più consolidata, poiché consente flessibilità, adattamento alle esigenze di mobilità e soprattutto distanziamento sociale. Boom inaspettato e in controtendenza con le grandi catene di distribuzione, quello che viene chiamato “e-commerce di prossimità”, con i piccoli negozi o ristoranti di quartiere che in poco tempo si sono attrezzati per distribuire i loro prodotti, sfruttando le piattaforme online, ma anche semplici tecnologie come Whatsapp, rimanendo così in contatto con i propri clienti.
E-commerce e consegna a casa sono qui per restare e saranno una componente giornaliera delle nostre abitudini anche alla fine dell’emergenza.
Negozi e ristoranti come possono tempestivamente ripensare il business?
Se avete già sviluppato un buon sito web usatelo per comunicare con i vostri clienti, informare delle misure che avete adottato per lavorare e spedire prodotti a casa in sicurezza o segnalare il catalogo dei prodotti disponibili. Assolutamente consigliate le chat di supporto, rigorosamente one to one: in questo momento il sostegno anche per piccole difficoltà è fondamentale per stabilire un rapporto di empatia e fiducia con il cliente.
Ma anche per i negozi “tradizionali” è il momento giusto per pensare allo sviluppo di una presenza online. Come? Utilizzando le diverse piattaforme di e-commerce disponibili per rendersi rapidamente operativi o appoggiandosi a chi già lo fa.
Con le funzioni di shop su Facebook e Instagram, e le funzioni specifiche di Whatsapp Business, si può iniziare a fare e-commerce pur senza avere la propria piattaforma e senza grandi investimenti. Anche se, va detto, nulla è più performante e produttivo, soprattutto per il marketing, di uno shop sviluppato sul proprio dominio.
E la pubblicità?
Anche la pubblicità online ha registrato un fenomeno molto importante: il costo medio della pubblicità online è diminuito, a causa della sospensione delle campagne da parte di grandi player: molti spazi solo stati lasciati liberi da grandi investitori, a favore di nuovi inserzionisti più piccoli, con budget più limitati e quindi con maggiori possibilità di visualizzazione: il CPC (costo per click) è crollato. Inoltre Facebook sta stanziando fondi pubblicitari di supporto alle piccole imprese anche italiane, per incentivare la ripartenza dei piccoli produttori.
Oggi pensare ad una campagna pubblicitaria online costa molto meno rispetto a prima del COVID, ma questo non significa che sia sempre facile. Il fai da te in questo settore è molto usato, soprattutto sui canali social come Facebook e Instagram; social particolarmente seducenti nell’incentivare l’inserzionista a lanciare campagne Ads. Peccato che gli strumenti basici che i meno esperti possono utilizzare, non soddisfano davvero le necessità che l’imprenditore spesso non sa di avere e che un buon Social Media Advertiser conosce per ottimizzare la campagna, traendone il massimo dei benefici, ad esempio un costo per contatto molto basso, o un alto volume di click a fronte di investimenti irrisori.
Conclusioni
In conclusione, la domanda che molte aziende si pongono è se sarà possibile fare e-commerce di qualità ai tempi del Covid. Sarà facile sopravvivere alla crisi? Il vostro ristorante saprà adattarsi al momento di incertezza magari ripensando a nuove formule come il delivery? La risposta è si, a patto che si scelga per una pianificazione ragionata e professionale delle attività di marketing digitale.
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Sono Elena Mistretta, amo la comunicazione e tutto ciò che stimola la curiosità.
Ho imparato a conoscere le persone muovendomi per il mondo, amo viaggiare e sono sempre alla ricerca di nuove esperienze, luoghi e persone che possano insegnarmi a migliorare la mia visione delle cose.
Yoga addicted, nature lover e mamma a tempo pieno!
L’email è morta? Assolutamente no!
Caro imprenditore, oggi ti darò qualche buon motivo per considerare l’Email Marketing come parte integrata della tua strategia di comunicazione.
Cosa è l’Email marketing?
È una forma di marketing diretto che utilizza la posta elettronica per promuovere i prodotti e i servizi della tua azienda.
In generale, l’email marketing può aiutare i tuoi clienti a conoscere gli ultimi prodotti o servizi offerti e sicuramente svolge un ruolo fondamentale nell’affermazione e rafforzamento del tuo brand nella mente del consumatore, mantenendo quest’ultimo sempre coinvolto nel processo di acquisto.
Qualche rapido numero sull’Email Marketing
All’ascesa e al successo di un nuovo media, di una nuova tecnologia o di un nuovo metodo di comunicazione si pensa subito che tutto ciò che avevamo usato fino a quel momento, probabilmente finirà nel dimenticatoio. Magari anche tu o qualcuno intorno a te avrà esclamato “L’email è morta! Non si usa più…”
Devo svelarti un segreto: l’email è viva e vegeta!
I numeri, d’altronde, parlano chiaro.
Una ricerca, condotta negli USA, ha dimostrato che l’84 % degli intervistati controlla la propria casella di posta almeno una volta al giorno. Tra gli intervistati la percentuale più alta è di chi controlla la casella da 2 a 5 volte (il 36%), segue chi controlla la posta una volta al giorno (21 %), al terzo posto invece da 6 a 10 volte al giorno (il 12 % degli intervistati).
Nella stessa indagine è emerso che la posta in entrata in molti casi è il primo pensiero del mattino. Nella maggior parte dei casi gli intervistati hanno dichiarato di controllare prima di ogni altra cosa la casella di posta (58 %), altri invece il browser (20 %) e solo al terzo posto i social media (ad aprirli è il 14 % delle persone).
E ancora:
- Nel 2018, gli utenti di posta elettronica a livello globale ammontavano a 3,8 miliardi. Questa cifra è prevista in crescita fino a 4.3 miliardi nel 2022. Le email raggiungono oltre l’80% della popolazione adulta del mondo, mentre Facebook ha poco più di 2 miliardi di utenti attivi mensilmente e Twitter solo 336 milioni.
(Statista) - Il numero di email inviate e ricevute ogni giorno salirà da 269 miliardi nel 2017 a 333 miliardi nel 2022, una crescita del 23% che segue la diffusione delle connessioni a internet su tutto il pianeta.
(Statista)
Perchè fare Email Marketing
Ti ho appena fornito tre buoni motivi per utilizzare la mail come mezzo di comunicazione:
- Ha un elevato numero di utenti
- È la prima cosa che si controlla su internet la mattina
- Viene controllata spesso
Ma non è finita qui.
L’email è:
Veloce. Rispetto al marketing diretto tradizionale, l’email marketing è quasi immediato: una volta spedita, i tempi di ricezione e lettura sono praticamente nulli e dunque trascurabili.
Efficiente. L’email è lo strumento che genera il ROI più alto: secondo le rilevazioni svolte da DMA per lo studio Marketer email tracker 2018, il ritorno sull’investimento delle aziende è stato del 3.800%. Questo significa che per l’Email Marketing ha generato 38$ per ogni dollaro speso.
Diretta, personale e non intrusiva. E’ un canale di comunicazione diretta e costituisce il contatto più “intimo” che un’azienda possa stabilire con clienti e potenziali tali, dal momento che dà vita a una comunicazione “uno a uno”.
Duttile e personalizzabile. E’ il canale che offre alle aziende il maggior potenziale di personalizzazione. È infatti possibile comporre automaticamente le email con i contenuti più adatti per ogni destinatario, assecondando caratteristiche, esigenze e precedente comportamento di ciascuno.
Automatizzabile. L’email automation è quell’insieme di attività che permette a un’azienda di inviare, programmare e gestire le campagne email (promozionali ma anche newsletter o messaggi transazionali) grazie agli automatismi: quest’ultimi non sono altro che regole che innescano azioni specifiche quando quelle condizioni si verificano.
Misurabile: se si utilizza una piattaforma di invio, è possibile tracciale i risultati di qualsiasi invio, dai tassi di recapito a quelli di apertura, fino a quelli di clic.
I goal dell’Email Marketing?
Sicuramente gli obiettivi che permette di raggiungere un’attività costante di Email Marketing non sono da sottovalutare.
Prima di tutto, permette di rafforzare la relazione con i propri clienti, costituendo pertanto uno strumento fondamentale per la fidelizzazione. Gli studi dimostrano che il costo per acquisire nuovi clienti è in media dalle quattro alle dieci volte maggiore rispetto al costo per mantenere clienti già esistenti.
Perché, quindi, non “coccolarli” proponendo loro offerte speciali o facendo loro gli auguri di Buon compleanno?
Ciò permetterà di ricordare costantemente chi siete, rafforzando la Brand Awareness: finchè un marchio resta nella mente di un consumatore, le possibilità di vendita godono di molte più probabilità di successo!
Infine, ma non meno importante, l’Email Marketing ti permette di generare nuovi contatti, in termini di Lead Generation (leggi articolo), contatti “di qualità” con un’elevata probabilità di conversione.
Come?
Attraverso questo modello di business, sono gli stessi utenti che esprimono il proprio interesse per i prodotti e i servizi offerti e che cercano di mettersi in contatto con l’azienda, lasciando i propri dati per essere ricontattati o per ottenere in cambio benefici e comunicazioni specifiche.
Gli strumenti dell’Email Marketing?
Se ti stai chiedendo come tutto questo si sostanzia, la risposta è nell’invio di comunicazioni che a seconda dell’obiettivo che vogliamo raggiungere, si chiameranno in modo differente:
- NEWSLETTER: per informare
- DEM: per vendere
- TRANSAZIONALI: per mantenere la relazione
Più nello specifico:
– La Newsletter è un contenuto editoriale e/o commerciale inviato a cadenza regolare. Il formato segue uno schema identico a ciascun invio per agevolare il riconoscimento e la lettura da parte del destinatario.
– Per DEM – Direct Email Marketing si intende l’invio di un messaggio email con l’obiettivo di vendere (offerte, servizi aggiuntivi, up selling).
- Le email Transazionali sono messaggi email con contenuto personalizzato inviati a singoli destinatari. Possono comunicare l’attivazione di un servizio, la conferma di una registrazione, l’invio di una fattura o gli auguri di compleanno.
Tra le differenze più evidenti tra Newsletter e DEM vi sono quindi:
- la periodicità: la frequenza di invio di una DEM è occasionale, la frequenza di invio di una newsletter è calendarizzata; per quest’ultima, quindi, sarà previsto un piano editoriale strutturato e strategico
- il layout grafico: la grafica di una DEM è studiata ad hoc per il singolo invio, ha un alto impatto grafico e una call to action ben identificata con uno specifico obiettivo di vendita. La grafica di una newsletter segue un layout prestabilito che facilita il riconoscimento del messaggio, la lettura di quest’ultimo e il coinvolgimento del lettore.
Da dove si inizia per fare Email marketing?
Sicuramente, dalla creazione di una bella mailing list.
La mailing list non è altro che una raccolta di indirizzi email che ricevono messaggi da parte di un mittente – un’azienda nel nostro caso – a cui hanno accordato il consenso. Un concetto un po’ obsoleto e superato della mailing list la vedeva come un unico contenitore indifferenziato di destinatari , oggi invece viene concepito come un sistema composito e al suo interno diversificato, nonché un corpo variegato e stratificato in gruppi e segmenti, che raccoglie caratteristiche, interessi ed esigenze di ciascun destinatario.
Serviranno anche un CRM per gestire le automazioni e monitorare i risultati.
Dovrai aggiornare la tua privacy policy per tutelare i diritti degli utenti riguardo alla gestione dei dati sensibili.
E ti servirà un calendario editoriale in cui organizzare gli invii programmati.
Serve altro? Molto altro!
Ma di cosa si tratta te lo svelerò in un articolo dedicato!

Ciao, sono Silvia Li Vecchi.
Marketing Addicted: mi piace il Marketing in ogni sua accezione.
Parlare, comunicare e instaurare relazioni: il network è alla base di tutto. Credo nell’educazione al Bello e che le Creatività nutra l’anima.
Danzo da quando cammino e Cucino per divertirmi (e perché mi piace mangiare!).
Enjoy.
Analisi della concorrenza: quando e come farla.
L’analisi della concorrenza è il primo passo da compiere quando si inizia un nuovo progetto di business, che sia un brand o un prodotto. È importante anche quando si decide di aggredire il mercato o una nuova area.
Se all’attività di analisi della concorrenza associ il concetto di spiare i concorrenti, stai prendendo un’enorme cantonata.
Le regole del marketing affondano le proprie radici nell’approccio scientifico, esattamente come la strategia militare. Osservare e studiare, persino prevedere, le azioni della compagine avversaria è fondamentale per prendere sempre decisioni pertinenti e orientate alla vittoria finale.
Non è un caso che uno dei libri più diffusi e letti tra gli aspiranti manager sia “L’arte della guerra” di Sun Tzu.
Dunque, analizzare la concorrenza non vuol dire assolutamente guardarne i profili social o controllare su una mappa dove sono ubicati. C’è molto di più e servono considerazioni più ampie.
Per iniziare
Stai pensando di aprire un’attività o di rilanciarne una? Vuoi penetrare meglio il tuo mercato, ma ti senti limitato dalla presenza dei tuoi competitor?
Inizia con identificare quali siano, quantomeno quelli in diretta concorrenza con la tua attività secondo questi parametri:
1 – area geografica di pertinenza: non considerare solo l’ubicazione fisica del punto vendita, ma l’area coperta grazie a servizi di delivery o spedizione, e l’efficenza degli stessi.
2 – reputazione: metterti a paragone con tutte le attività simili alla tua potrebbe portarti via molto tempo. Seleziona quindi solo quelle che possono essere percepite tue pari, che abbiano una reputazione uguale o migliore alla tua.
3 – servizi: i servizi offerti possono fare la differenza. Scegli le attività che abbiano servizi quanto più simili ai tuoi. Tieni conto di chi lavora diversamente, potrebbe sempre costituire un’alternativa per il cliente.
Ad esempio una pizzeria che fa solo asporto rimane un dato da analizzare anche per una pizzeria che fa solo servizio al tavolo. Il cliente potrebbe sempre preferire rimanere in pantofole e a casa per gustare una buona pizza.
Per identificare i competitor che dovresti includere necessariamente nella tua analisi puoi sfruttare il web. Utilizza le keyword per le quali tu stesso vorresti essere trovato dagli utenti e inseriscile su Google o sui principali social network. Ti restituiranno i risultati che molto probabilmente i tuoi stessi clienti troverebbero cercando attività come la tua.
Analisi della concorrenza per liste
Non stilare semplicemente un elenco puntato con tutti i competitor che vuoi includere nella tua analisi.
Ti serviranno almeno 3 liste:
1 – Punti di forza: compila la lista includendo solo quelle attività che condividono gli stessi punti di forza o il punto di forza che hai identificato come decisivo sul mercato. Potresti anche non essere presente in questa prima lista, ma questo dato ti restituirebbe subito un’informazione importante, ovvero su quali elementi dovrai migliorare.
1 – Punti di debolezza: includi le attività che sono penalizzate dalle stesse debolezze o carenze a livello di servizio. Anche in questo caso non è assolutamente necessario che tu sia nell’elenco e ti sarà utile per valutare cosa non deve assolutamente mancare nel tuo business plan.
3 – Customer point of view: è la lista più difficile, perchè dovrai pensare con la testa del tuo cliente. Sarà più facile compilare questo elenco dopo aver ascoltato direttamente un campione di utenti. Come i consumatori percepiscono le attività oggetto delle tue analisi? E in che ordine le inserirebbero in una classifica ideale?
Le indagini necessarie per questa lista potrebbero influenzare le precedenti, ti basterà domandare punti di forza e debolezza dei competitor direttamente al pubblico interrogato.
Puoi utilizzare strumenti di survey online, sfruttando il potere del mail marketing, ma solo se avrai acquisito sufficienti contatti nelle tue mailing list.
Non acquisisci i dati dei tuoi clienti? Leggi questo articolo per capire che dovresti iniziare subito (leggi qui)
L’analisi della concorrenza non è un processo una tantum, piuttosto un’area di studio nella quale dovresti impegnare periodicamente le tue risorse. Il mercato cambia, nascono nuove attività e ne chiudono altre, la tua analisi potrebbe diventare obsoleta in pochi mesi.
Vantaggi dell'analisi della concorrenza
Identificare i competitor ha senso solo se puoi definirne i punti di forza e le debolezze, mettendoli a paragone con la tua attività.
In questo modo soltanto potrai stilare un quadro analitico corretto sulle opportunità che avrà il tuo progetto e le aree di miglioramento su cui lavorare.
I vantaggi finali?
1 – Ottimizzare gli investimenti: saprai su cosa investire per offrire ciò che i consumatori si aspettano o desiderano da attività come la tua.
2 – Pianificare le azioni di marketing: la tua comunicazione influenzerà e sarà influenzata da quella dei competitor. Prevenire le loro mosse, sapendo su cosa faranno leva, ti offrirà sempre un vantaggio competitivo, posizionandoti tra i leader nella percezione degli utenti.
3 – Pricing strategy pertinente – sicuramente stabilirai il valore del tuo prodotto partendo dai costi che il tuo business richiede, ma i tuoi margini di profitto possono essere maggiori anche grazie ai feedback che ti offriranno i competitor. Il consumatore riconosce il valore di un prodotto attraverso il design e il prezzo esposto, prima ancora che dalla qualità del prodotto stesso.
Pensa come il concorrente
Un esercizio molto utile che puoi fare, una volta identificati i competitor da analizzare in maniera profonda, è la Swot Analysis.
Non dovrai farla solo per te stesso, ma anche per ogni competitor identificato. In questo modo potrai mettere a paragone diretto Punti di Forza e Punti Debolezza – come fattori interni – e Opportunità e Minacce – come fattori esterni – dei singoli operatori.
Puoi fare questo esercizio con il tuo team che ti offrirà punti di vista diversi e preziosi.
Tieni conto di tutto: servizio, team, anzianità nel mercato, campagne pubblicitarie, influenza social e presenza digitale, investimenti, packaging e qualità del prodotto, persino gli orari di apertura. Quanti più parametri includerai nel confronto, più chiare avrai le idee al termine dell’esercizio.
I tuoi competitor sui Social
Uno spazio importante va destinato all’analisi dei competitor sui social media e del modo in cui li utilizzano. Che tipo di strategie adottano? Con quale frequenza pubblicano contenuti e di che tipo? Che riscontro hanno dal pubblico e quanto questo determina il loro successo?
Se vuoi ottenere risultati simili a quelli di un concorrente, non puoi pensare di investire meno di quanto non faccia lui per il digital marketing.
Se i tuoi concorrenti sfruttano il potere dei social e producono contenuti in grado di valorizzare il loro prodotto, dovrai fare altrettanto o rischierai di essere “oscurato” dai loro contenuti.
E no, non ha nessuna importanza se il tuo prodotto è migliore del loro. Se non lo avrai raccontato con strumenti all’altezza e sui giusti canali, potrai continuare a ripetertelo mentre osservi le giacenze in magazzino.
1 – Quali social network presiedono i tuoi competitor? Puoi fare altrettanto destinando risorse economiche sufficienti?
2 – Quali risultati ottengono in termini di coinvolgimento? Con quale frequenza pubblicano?
3 – Quanto è grande la loro fan base e con quanta tempestività interagiscono con gli utenti?
4 – che tipo di strategie social adottano? Coinvolgono influencer?(leggi qui)
Questo sono le principali domande che dovrai farti per prendere decisioni efficaci per la tua strategia di digital marketing.
Se ti stai chiedendo come gestire i social network per la tua attività puoi leggere questo articolo. (leggi qui)
L’analisi della concorrenza non è un processo una tantum, piuttosto un’area di studio nella quale dovrai impegnare periodicamente le tue risorse. Il mercato cambia, nascono nuove attività e ne chiudono altre. Una sola campagna pubblicitaria può ribaltare la tua analisi, o il rebrending (leggi qui) di un dei competitor potrebbe renderla obsoleta in pochi mesi.
Tieni d’occhio il mercato e non pensare di poter avere successo guardando solo a ciò che avviene all’interno della tua azienda, perchè il successo passa anche attraverso ciò che accade al di fuori e su cui non hai nessun potere. Qui, a fare la differenza, sarà la prontezza della risposta tua e del tuo team.

Ciao, sono Nazareno, uno dei BBrothers.
La mia giornata si (s)compone tra letture, strategie digitali, test, scrittura, social media e slide.
Sono un sognatore con i piedi per terra. Mi impegno per essere un punto di riferimento credibile per il mio staff e i miei clienti.
Mi occupo principalmente di copywriting e di tutte le attività editoriali del team.
Imparo ogni giorno qualcosa di nuovo sul marketing digitale che metto a disposizione dei miei clienti.
Rebranding, cos'è e quando è necessario.
Fare rebranding è un po’ come ritrovarsi in un periodo particolare e sentire il bisogno di attuare un cambiamento per trovare nuovi stimoli.
Bisogna capire cosa non va (identificazione del problema), cosa vogliamo ottenere (definizione degli obiettivi) e infine agire perchè ciò avvenga.
Il rebranding aziendale, è sostanzialmente un processo creativo che può portare a cambiamenti sostanziali come il nome stesso del brand, o a piccoli aggiustamenti cromatici o di forma del logo.
Con l’obiettivo di ammodernare o di arricchire di significati, di migliorare il design o di prepararsi a nuovi mercati, l’attività di rebranding può avere diverse motivazioni e al contempo celare numerosi pro e contro. Per questo farlo richiede attenta analisi prima, e uno sviluppo progettuale ben definito.
Seppure nella storia di un marchio o di un’azienda il cambiamento sia inevitabile e assolutamente positivo, questo non vuol dire che farlo senza aver ben sviluppato tutte le fasi del lavoro costituisca a prescindere un vantaggio. Il rischio di danneggiare l’immagine del brand c’è e va considerato.
Ecco gli step necessari per fare rebranding al meglio
Identificare il problema
Il primo step per fare rebranding correttamente è l’individuazione delle criticità. Deve essere un buon motivo per modificare l’immagine di un prodotto. Ad esempio un calo nelle vendite del prodotto sugli scaffali, o l’arrivo sul mercato di un nuovo brand, giovane e con appeal riconosciuto.
Questa fase è influenzata da tre momenti di grande importanza.
1. l’apertura al cambiamento
Rivitalizzare un’immagine vuol dire avere il coraggio di lasciare andare. Cambiare un elemento rappresentativo, come il logo, i colori o addirittura il nome richiede grande coraggio e apertura al cambiamento. Lasciare andare ciò che sembrava perfetto e cercare il nuovo vuol dire essere proattivi, moderni, vincenti.
La resistenza al cambiamento invece genera una stasi che può rivelarsi dannosa, se non letale, per un’organizzazione che deve assolutamente tenere il passo del mondo e dell’innovazione in tutti gli ambiti.
2. Il dialogo con il cliente
Il feedback è una delle risorse più preziose di cui un’azienda può disporre, se è in grado di raccoglierlo. Confrontarsi è importante ma per un’azienda è basilare. Il confronto infatti lega maggiormente i clienti, li fa sentire parte dei progressi aziendali.
Questo non vuol dire che le scelte aziendali debbano essere prese in funzione dell’opinione, mutevole ed effimera, di ogni cliente. Ma raccogliere sistematicamente feedback e umori dei clienti permette di fare analisi e statistica, di considerare correttamente i punti di forza e le debolezze del brand o del prodotto.
L’attività di survey, somministrata via mail, è un ottimo canale per acquisire informazioni.
3. La ricerca di mercato
Noi siamo parte del mercato, possiamo guidarlo o lasciarci guidare. Ma non bisogna commettere l’errore di dimenticarci che non siamo soli. I competitor e l’audience sono due ingredienti che devono influenzare le scelte aziendali.
Analizzare come il mercato sia cambiato o stia cambiando, vuol dire analizzare il comportamento del pubblico e la reazione dei competitor, per valutare come agire. Il prodotto funziona ancora? Che aspettativa di servizio hanno i clienti oggi rispetto a quelli di ieri? Le esigenze della società sono cambiate, il mio prodotto le soddisfa ancora?
Il rebrending può nascondere soluzioni veloci anche per cambiare la percezione del pubblico. E il marketing, va ricordato, è tutta una questione di percezioni.
Esprimere l'identità aziendale
Il design adottato per esprimere l’azienda, e dunque l’insieme di logo, tono di voce, forme, colori, contenuti testuali, formato, necessariamente dovranno esprimerne anche i valori, la storia, il retaggio e – perchè no – traguardi e obiettivi.
Due attività possono rivelarsi fondamentali per determinare la nuova identità aziendale, grazie a un Rebranding strategico.
1.Creare una storia
Alle volte è necessario scovarla dove sembra non esserci, in altri casi invece è proprio la storia, così palese e significativa, a rendere unico un brand. tradizione e storia possono trasformarsi persino in proposte di valore, determinando così l’intera immagine coordinata.
Quando parliamo di storia non bisogna necessariamente pensare al tempo. Ci sono storie eccezionali dietro ad un brand che si sviluppano nell’arco di pochissimi anni ma che racchiudono tutti quei valori caratteristici della brand identity.
La storia di chi ha fondato l’azienda anni addietro, un aneddoto che ha determinato l’esplosione del prodotto, una storia che sia metafora del perchè il prodotto sia tanto importante. Qualunque sia la storia ciò che conta davvero è lo storytelling, ovvero il modo e gli strumenti scelti per narrarla. Raccontare una storia significa trasmettere emozioni e queste sono decisamente più efficaci delle qualità tecniche di un prodotto per venderlo.
Perchè?
Perchè mentre la neocorteccia, l’area periferica del nostro cervello, analizza la parte razionale delle informazioni che acquisiamo dalla pubblicità (prezzo, qualità tecniche, vantaggi) e determina scelte ragionate.
Dall’altra parte il sistema limbico, ovvero l’area centrale, è responsabile di emozioni e sentimenti. La particolarità è che quest’area del cervello non ha padronanza del linguaggio ma è responsabile del comportamento e delle reazioni d’istinto.
Avrai già capito dunque, che se un brand riesce a comunicare una storia che trasmetta valori forti ed emozioni caratterizzanti, queste verranno recepite dal pubblico in modo più “istintivo”, solleticando il desiderio di acquistare ma bypassando le valutazioni logiche che invece possono frenare quell’acquisto.
Ecco perchè spesso compriamo qualcosa e a distanza di qualche giorno ci chiediamo perchè.
Le campagne pubblicitarie, veicolo principale per la diffusione dell’immagine aziendale, basano la loro forza e il loro messaggio proprio sulla storia.
2.Determinare la Vision
La Vision aziendale definisce la visione, le mire e gli obiettivi intorno ai quali le imprese organizzano le proprie risorse, in modo chiaro. Grazie alla vision è possibile ispirare il patrimonio umano dell’azienda e allinearlo ai valori del brand.
Una vision funzionale è stimolante, audace, condivisibile sia se tradizionalità quanto se rivoluzionaria. Quando pronunciata deve suonare come un impegno più alto, più nobile della semplice attività di vendita. Pensarla deve dare la sensazione di aver già iniziato a lavorare in quella direzione.
Sembra difficile? Lo è, inutile nasconderlo. Non è solo una questione di copy, non è sufficiente scrivere una bella frase ad effetto. Perchè questa deve legarsi al know how e distruggerne allo stesso tempo i limiti.
Qualche esempio di successo su come una buona vision e un’eccellente capacità di storytelling possano incrementare il legame emotivo con il cliente.
Vision aziendale Rummo
Il sito Rummo è un concentrato di valori, storia e una politica aziendale orientata al rispetto delle tradizioni e del cliente. Grande risalto ha l’etica d’impresa, una sezione dedicata al controllo dei processi aziendali e dei partner che compongono la rete distributiva.
Vision aziendale Barilla
“Aiutiamo le persone a vivere meglio, portando ogni giorno nella loro vita il benessere e la gioia del mangiar bene.”
La vision Barilla non fa alcun riferimento a nessuno dei prodotti commercializzati, ma ai benefici connessi all’attività aziendale. Il packaging nel corso degli anni, così come il logo, hanno subito numerosi cambiamenti.
Vision aziendale Illy
Una tra le più grandi aziende italiane al mondo produttrice di caffè illustra sul proprio sito web vision e mission aziendale.
La vision aziendale recita:
“Vogliamo essere, nel mondo, punti di riferimento della cultura e dell’eccellenza del caffè. Un’azienda innovativa che propone i migliori prodotti e luoghi di consumo e che, grazie a ciò cresce e diventa leader dell’alta gamma”.
Agire
Identificato il problema e studiata una soluzione bisogna passare all’azione, la messa in opera. Forse la parte più entusiasmante, in cui i pensieri e le analisi si trasformano in qualcosa di tangibile. Una fase però in cui va posta attenzione a due aspetti principali.
1.Gradualità
La gradualità aiuta a non compiere salti nel buio. Il cambiamento destabilizza sempre, anche i più aperti, perchè modifica quelle certezze su cui costruiamo comportamenti automatici. Un prodotto può subire variazioni di vendita anche temporanee in caso di restyling del pack, perchè la sua visibilità sullo scaffale cambia.
È sempre preferibile stabilire un progress e utilizzare la nuova identità o il nuovo design dapprima su documenti e supporti interni all’azienda – in questo modo il team sarà il primo promotore del cambiamento. I primi feedback potrebbero indurre a piccoli accorgimenti prima di passare all’esterno, attraverso campagne pubblicitarie dedicate o eventi.
2.Efficacia
Il lancio, la comunicazione al pubblico, la presentazione ai buyer. nel processo creativo del rebranding, l’esordio deve essere impattante ed efficace.
Bisogna comunicare la nuova storia, il nuovo messaggio, coinvolgere i clienti e i lavoratori nei nuovi obbiettivi dell’azienda.
Campagne pubblicitarie, video, jingle, gadget e attività di sampling possono e devono fare la differenza.
In conclusione
Per decidere o meno se fare rebranding non può bastare la lettura di qualche articolo, Occorre l’esperienza di un team, la competenza di uno i più designer, e una corretta valutazione del mercato di riferimento. A completare, una dinamica e produttiva collaborazione tra tutte le persone all’interno del processo decisionale e creativo.
Affidarsi ad una società specializzata è sempre la strada migliore per evitare scivoloni sia nell’analisi iniziale quanto nel lancio pubblicitario.
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Ciao, sono Marcello.
Ogni riccio un capriccio. Di me dicono che faccio delle cose bellissimissime. Ogni tanto, chiedo a Google di accendermi la luce.
Facebook Business Suite la nuova dashboard tutto in uno di Facebook inc., ideale per la gestione social delle piccole imprese.
Chi lavora giornalmente con i social network, in particolar modo con Facebook e Instagram, saprà apprezzare la novità. Una piattaforma all-in-one che dovrebbe integrare numerose funzioni e collegare con maggiore efficacia la content strategy condivisa tra i due social. Vita facile per le piccole imprese, ma anche per i poveri social media manager.
Business Suite nasce per includere le opzioni di Facebook e di Instagram in un unico spazio e switchare velocemente dall’uno all’altro social network.
Lavorare sarà comodo e decisamente smart, perchè la Suite arriverà sia su desktop che su app mobile.
Ottima notizia per i social media manager, che spesso si trovano costretti a raccontare le attività aziendali in live e non avere con sé che il proprio smartphone.
I vantaggi di Business Suite di Facebook
Risparmiare tempo: fino ad oggi abbiamo programmato i nostri contenuti su Creator Studio, altro strumento offerto da Facebook inc. per la gestione del planning editoriale. Una volta caricato un contenuto per un social, si procede al cross-posting, ovvero alla condivisione del contenuto sull’altro social. Business suite dovrebbe velocizzare questo passaggio dando la possibilità di pubblicare immediatamente su entrambe le piattaforme.
Velocizzare il community management: messaggi e direct, notifiche e avvisi di Facebook e Instagram in un unico inbox, così rispondere agli utenti sarà semplice.
Misurare i risultati: le opzioni di insight saranno accessibili direttamente dalla stessa app, così da verificare sempre copertura, interazioni, coinvolgimento sia dei post di Facebook che di quelli su Instagram.
Dov'è la novità?
Nessuna di queste funzioni sconvolge, perchè sono tutte cose che facciamo già. La differenza è che per gestire tutto siamo costretti ad utilizzare 4 applicazioni (Gestore delle Pagine, Instagram, Gestione Inserzioni e Creator Studio) da smartphone. Non cambia molto da desktop, dove si rende necessario lavorare sul pannello di Creator Studio e da numerose funzioni del Business Manager.
Anche adesso è possibile convergere messaggi e Direct sullo stesso inbox e gestirli su Gestore delle Pagine, tuttavia non è possibile fare lo stesso dall’app di Instagram.
Per quanto riguarda gli Insight, sarà possibile comparare le performance di Facebook e Instagram in un’unica overview.
Il Tris perfetto: Facebook, Instagram e...?
Peccato che una piattaforma del genere non integri la terza app della famiglia Facebook Inc., ovvero Whatsapp.
Pare che questo avverrà nel prossimo futuro. Integrare l’app di messaggistica potrebbe essere la mossa giusta per far comunicare in maniera efficace tutte le migliori funzionalità delle tre app e consentire finalmente la gestione totale di messaggi e informazioni, allineando persino i cataloghi dello shop.
Non ci resta che attendere. Il team di Menlo Park non ha mai deluso le nostre aspettative e con questo progetto, quasi sicuramente si preparano a superarle di gran lunga.
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Ciao, sono Nazareno, uno dei BBrothers.
La mia giornata si (s)compone tra letture, strategie digitali, test, scrittura, social media e slide.
Sono un sognatore con i piedi per terra. Mi impegno per essere un punto di riferimento credibile per il mio staff e i miei clienti.
Mi occupo principalmente di copywriting e di tutte le attività editoriali del team.
Imparo ogni giorno qualcosa di nuovo sul marketing digitale che metto a disposizione dei miei clienti.
FACEBOOK E LE SUE NOVITÀ DOPO L’F8
FACEBOOK E LE SUE NOVITÀ DOPO L’F8
Parola d’ordine sarà Privacy.
Mark Zuckerberg, all’annuale appuntamento F8, ha presentato tutti gli aggiornamenti a cui sarà sottoposta la suite Facebook Inc. e le finalità della compagnia.
Emergono il desiderio di restyling nel design, nuove funzioni per favorire l’interazione, tutela dei minori e della privacy.
Sembra un ossimoro. Social network e privacy possono stare nella stessa frase?
Pensavamo di no. Eppure dopo l’arcinoto scandalo Cambridge Analytica – che ha visto app di terze parti cedere dati sensibili degli ignari utenti Facebook per attività di spin doctoring politico – e la maggiore diffidenza degli utenti verso i social insieme ad un maggiore desiderio di privacy (vero e alle volte solo millantato), hanno costretto Facebook e non solo a veicolare sforzi e attività di sviluppo verso una maggiore tutela della privacy.
Il 30 Aprile è andato in scena l’F8, la conferenza in cui Mark Zuckerberg, come ogni anno, presenta agli addetti ai lavori tutte le funzionalità in procinto di essere rinnovate o introdotte sulle piattaforme della famiglia Facebook Inc., dunque anche Whatsapp, Instagram e Messenger.
La conferenza si è aperta con le parole di Mark:
Everyone welcome to F8. Today we are going to talk about building a privacy focused social platform.
Una dichiarazione già esaustiva sulle future mire del social blu – ancora per poco blu – accompagnata dal claim sul maxischermo the future is private.
FACEBOOK E LA PRIVACY
Lo slogan riguardo ad un futuro più privato e sicuro ha riempito lo sguardo dei presenti per molto tempo durante la conferenza.
La maggiore sensibilità degli utenti al tema della privacy pare cammini a braccetto con una mai in calo necessità di esporsi, il desiderio di condividere emozioni ed eventi che ci coinvolgono con forza.
Come fare in modo che le persone si sentano al sicuro pur esponendosi e mostrandosi online?
Potremmo definirla un’evoluzione invisibile quella che porterà il social a trasformarsi in un salotto digitale.
Se fino ad oggi Facebook si potrebbe paragonare ad una piazza affollata – nella quale le persone si scambiano informazioni e i commercianti studiano strategie più o meno “rumorose” per attirare clienti – da domani sarà più opportuno parlare di salotto.
Un po’ come in quelle nobili stanze di un tempo in cui marchesi, principi e duchesse si incontravano per aggiornarsi e – perché no – pavoneggiarsi di abiti, vittorie in battaglia e adrenaliniche battute di caccia.
Al centro di questa valutazione c’è una ricerca di intimità pubblica (altro ossimoro, lo so) e il desiderio di non doversi vergognare domani per ciò che abbiamo condiviso online ieri.
Ecco dunque il motivo per cui Facebook incentiverà i Gruppi e tutti i tools e le features che favoriscono la relazione one-to-one, a partire da Messenger i cui messaggi saranno criptati di default.
PREVEDERE È MEGLIO CHE INVENTARE
I contenuti di Facebook vengono valutati da un algoritmo che tra le sue caratteristiche centrali ha quella di prevedere cosa desiderano e cosa faranno gli utenti.
È grazie alla funzione di previsione che Facebook Inc. non deve ipotizzare come evolvere il proprio servizio, ma semplicemente analizzare i dati di cui entra in possesso ogni giorno per ogni utente e decifrare la mappa dei desideri.
L’enorme potenziale dato dall’anticipazione mette l’intera suite di Facebook nelle condizioni di non essere mai “vecchia” e di non apparire mai inadeguata.
RESTYLING
1. Addio alla barra blu
Salutate quella barra di menu blu e preparatevi ad una che assomiglia più ad un dock e che ospita le diverse funzioni di facebook.

2. Le conferme
Si confermano le presenze di Whatch – che a mio avviso non ha ancora espresso il suo immenso potenziale ma che risponde alla modernissima esigenza degli utenti di nutrirsi attraverso i video – e di Marketplace che riunisce efficacemente tutti gli annunci di compravendita nelle diverse community.
3. Stories anche in versione desktop
Ad anticipare il feed della home, il carosello delle Stories, formato ampiamente gradito dai più giovani in virtù della loro caducità, non solo su smartphone ma anche su desktop.
Le storie infatti permettono all’utente di realizzare quel desiderio di non doversi confrontare a distanza di anni con contenuti divenuti sciocchi o mortificanti.
4. La forza del “gruppo”
Fanno capolino invece i Gruppi e Messenger, a rafforzare quanto espresso prima.
Come evidente dallo screen, a destra c’è una chiara call to action a cercare e unirsi ad una community che rappresenti le caratteristiche dell’utente.
Se partecipi alle attività di una community fai esattamente ciò che Facebook vorrebbe per te. Questo cambierà parecchio l’efficacia delle campagne ads sviluppate per come molti amministratori di pagine sono abituati.
Non avremo solo l’accesso rapido alla sezione.
Ci sarà un news feed dedicato proprio ai gruppi cui saremo membri e una tab dedicata alla ricerca dei gruppi adatti a noi.
L’invito ad aderire a uno o più gruppi sarà spesso ribadito dalla piattaforma anche nelle altre sezioni.
Inoltre saranno sviluppate features specifiche per ogni tipologia di gruppo. Un po’ come avviene per i modelli delle pagine, anche i gruppi in funzione delle loro finalità avranno tab dedicate (esigenze di formazione, vendita, faq e customer care, ricerca d’impiego e scouting…) .
Una fighissima integrazione tra Watch e gruppi potrebbe offrire la possibilità di guardare una serie tv e contemporaneamente discuterla nella community dedicata.
5. Marketplace
Il 2018 è stato l’anno anche di Marketplace, il Mercato di Facebook.
A breve sarà implementata in Italia la possibilità di completare l’acquisto direttamente su Facebook così come la possibilità di concordare le informazioni di spedizione.
Esattamente come Youtube e i video, anche Amazon con la sua vendita online troverà in Facebook un accanito competitors destinato a crescere di ora in ora?
6. Facebook Dating
Pare che su Facebook vi siano oltre 200 milioni di single.
Perché lasciare che gli utenti si spostino su altre piattaforme – come Tinder – quando puoi offrirgli una soluzione sicura nel luogo in cui trascorrono già molto tempo per lavoro e per svago?
Chi lo desidera, potrà attivare il tool Secret Crush e comporre una lista di utenti con i quali vorrebbe… “entrare in confidenza”.
L’utente inserito nella lista riceverà notifica che qualcuno lo sta tenendo d’occhio ma senza conoscerne l’identità. Se entrambi gli utenti si saranno vicendevolmente inseriti nelle rispettive liste, avrà luogo il matching e la cosa sarà resa palese ad entrambi.
Massima riservatezza in caso di attrazione non ricambiata.
7. Chat
Un’aspetto molto interessante annunciato all’F8 è quello che permetterebbe di chattare su Messenger anche con i contatti di Whatsapp e Instagram senza abbandonare la prima applicazione.
Si potranno avviare conversazioni segrete e verrà implementata la crittografia end-to-end.
Allo stesso tempo Messenger potrà trasformarsi in un prezioso tools di lavoro, grazie all’app desktop che permetterà call conference e la fruizione di contenuti visivi in contemporanea.
Un’applicazione interessante che mi viene in mente è quella di webinar di studio o di formazione professionale live, riservata a chi avrà precedentemente acquistato il corso.
8. Eventi
Saranno migliorate anche le funzioni relative alla ricerca degli eventi vicino a noi e le raccomandazioni di altri utenti riguardo a manifestazioni pubbliche.
9. Instagram
L’impegno su Instagram è votato al miglioramento dell’esperienza e dunque al contenuto piuttosto che all’autore dello stesso.
Instagram oggi si fonda sui like e sulla riprova sociale tanto del singolo account quanto di ogni post. Per questo i test attuali sono incentrati sulla possibilità di rendere visibili i like al post solo all’utente autore e di nasconderli al suo pubblico.
Basterebbe questo a smontare il castello di “like4like” e “followforfollow” in cui Instagram è intrappolato da anni?
Nonostante l’aggiornamento di qualche mese fa (leggi in questo articolo l’approfondimento), di sicuro la novità non piacerà agli influencer che non generano contenuti utili e originali.
Sarà introdotta con tutta probabilità la funzione che permetta di acquistare direttamente su Instagram i prodotti pubblicizzati da ambassador e influencer, così come quella – già presente su Facebook – di organizzare raccolte fondi.
10. WhatsApp Business
Importante novità per le aziende sarà la possibilità di sviluppare un catalogo prodotti da associare all’account e da condividere quindi con i prospect che si saranno messi in contatto con l’azienda tramite chat.
Pare si potranno completare transazioni d’acquisto direttamente sull’applicazione.
IN CONCLUSIONE
Credo che questi cambiamenti rivoluzioneranno il concetto di “Amici” su Facebook. Lo sviluppo dei gruppi, e le maggiori opzioni di privacy consentiranno di differenziare meglio le relazioni. La nuova funzione “Meet New Friend” ad esempio permetterà di cercare nuove amicizie nell’ambito di interessi in comune piuttosto che in virtù di una concreta conoscenza nella vita reale.
Mi viene in mente il concetto delle cerchie sviluppato da Google+, ma applicato e calato perfettamente nelle funzioni ormai rodate da Facebook.
Invito continuamente i miei clienti a sviluppare delle community a lato della pagina ufficiale.
Grazie alle KPI (leggi cosa sono in questo articolo) noto che le interazioni ottenute all’interno di un gruppo amministrato dalla pagina ma alimentato dall’esperienza di ogni utente iscritto, seppure meno “evidenti” agli occhi di chi capita per caso sulla pagina, siano più preziose ed efficaci anche ai fini di conversioni commerciali e brand reputation.
La mia idea è che il potenziamento di tutte le funzioni connesse ai gruppi, soprattutto quelli chiusi o addirittura segreti, e la ricerca di un social sempre più privato – e di conseguenza difficile territorio di caccia delle aziende che vorranno fare pubblicità – porterà una rivoluzione alle campagne e alle strategie ads.
Oggi un utente che palesa con un post pubblico i suoi interessi, che tagga pubblicamente la serie tv che sta guardando o che esegue il check in in un luogo in particolare, sa perfettamente che sta offrendo informazioni preziose agli inserzionisti pubblicitari e che quel post prima o poi gli si ritorcerà contro trasformandolo nella preda ideale di re-marketing continuo.
Se un utente palesa i propri interessi solo nell’ambito di piccoli salotti, come potrà il commerciante, magari ancora fermo a pubblicizzarsi in quella piazza che ogni giorno si svuota sempre più, raggiungere i suoi clienti e attirarli in negozio?
A buon intenditor…
A proposito di facebook, sei già seguace della nostra fan page?

Nazareno Brancatello
Sono uno dei BBrothers. La mia giornata si (s)compone tra letture, strategie digitali, test, scrittura, social media e slide. Sono un sognatore con i piedi per terra. Mi impegno per essere un punto di riferimento credibile per il mio staff e i miei clienti. Mi occupo principalmente di copywriting e di tutte le attività editoriali del team. Imparo ogni giorno qualcosa di nuovo sul marketing digitale che metto a disposizione dei miei clienti.
Instagram (finalmente) fa pulizia. Caccia ai falsi like
Instagram (finalmente) fa pulizia. Addio falsi like
Caccia ai like ottenuti con i BOT per creare fake influencer
Ho aperto il mio profilo Instagram nella primavera del 2012.
Eravamo agli esordi del social nato da un paio di anni appena.
Lo stream era ricco di fotografie meravigliose che – ahimè – ai tempi non potevo apprezzare e oggi un po’ rimpiango.
Instagram non apparteneva ancora all’universo Facebook ed era luogo di ritrovo di fotografi e professionisti dell’immagine.
Gli utenti lo utilizzavano per generare portfolio e promuovere le proprie opere.
Iniziai ad utilizzare il mio Instagram come un raccoglitore di scarsa qualità, con foto mascherate da filtri d’ogni tipo.
Un po’ come una donna attempata e non troppo affascinante che tenta attraverso il make up di apparire bella e seducente.
Così erano le mie foto. Ma in fondo lo erano quelle di tutti gli utenti che tra il 2012 e gli anni a seguire cominciarono a popolare il social.
Niente selfie, niente storie demenziali, niente foto allo specchio del bagno.
Io appartengo a quell’ondata di utenti che ha sporcato e reso banale uno strumento davvero ben fatto.
Si, mi batto il petto e riconosco le mie colpe.
Instagram 2.0
Poi Mark Zuckerberg si accorse di quell’app che faceva trend e tirava orde di ragazzini indemoniati, desiderosi di pubblicare selfie compulsivamente.
Più Instagram cresceva più i professionisti della fotografia lo abbandonavano, più me ne disinnnamoravo.
Avevo persino acquistato un libro per comprendere come avere successo con Instagram.
La logica degli hashtag e il principio di generosità che vi sta(va) alla base.
Più imparavo più mi rendevo conto che il social network delle foto non era più ciò che stavo studiando. Probabilmente non era più ciò che chi lo aveva creato avrebbe voluto.
Una giungla di contenuti di scarsissima qualità, una difficoltà quasi insormontabile a costruire una community di follower seria e interessata, l’orda di di hashtag dispensati senza logica su ogni foto.
Difficile fare nurturing, difficile generare prospect profilati, quasi impossibile mantenerli e convertire.
Foto di gattini con hashtag inerenti al marketing, seni scoperti con citazioni di saggezza orientale e una montagna di mi piace.
L’ascesa del porno e l’avvento di storie semplicemente demenziali mi hanno aperto gli occhi.
Instagram con le sue logiche non era il luogo giusto per me e i miei clienti. Quantomeno non il luogo ideale per avere il massimo col minor sforzo possibile.
Ho deciso per questo di limitarmi ad un uso personale – e senza eccessi – dello strumento.
Almeno fino a che le cose non fossero cambiate.
LE COSE (FORSE) STANNO CAMBIANDO
È fresca la notizia, freschissima.
Grazie alla revisione in atto sull’algoritmo, il team di Instagram sta facendo epurazione in grande stile.
Via like commenti e follower ottenuti attraverso bot e app esterne o peggio ancora Vending machine.
Già qualche mese fa il social era stato oggetto di profonda pulizia da profili fake, mentre è di qualche anno fa l’iniziativa di “oscurare” i contenuti che riportassero hashtag offensivi, razzisti, esplicitamente sessuali o eccessivamente abusati al punto da renderli inutili.
Perchè se l’hashtag è il filo rosso che collega profili e contenuti affini ad un preciso argomento in tutto il network, il suo abuso rappresenta invece la non connessione, il caos. Ovvero il contrario di ciò che gli hashtag dovrebbero generare.
Attraverso un comunicato stampa, Instagram ha dichiarato guerra ai profili che hanno accresciuto la propria influenza e rete di follower attraverso l’uso di software di terze parti.
Senza contare le applicazioni che innescavano una vera e propria compravendita di follower (“segui 100 profili e a tua volta otterrai 10 follower reali” o ancora “come ottenere 1000 follower reali” sono slogan tipici di questi servizi).
In sostanza la battaglia è ai finti influencer, utenti che hanno acquisito migliaia di follower senza pubblicare contenuti interessanti né utili.
Un finto premio per finti meriti.
INFLUENCER MARKETING
La chiarezza rispetto alla reale influenza di un profilo è fondamentale per quelle aziende che su Instagram fanno marketing seriamente.
È giusto investire per ingaggiare influencer con migliaia o milioni di follower se la maggior parte di questi sono falsi o generati con un bot?
I ragazzi di oggi si affermano e alimentano la loro autostima in modo proporzionale ai like o ai follower che riescono ad ottenere. A qualunque costo, pur di apparire interessanti e di successo.
Sono tantissimi a delegare a terze parti la daily routine che dovrebbe essere ricca di relazioni umane, di input e feedback. Pre impostano il numero di like da mettere durante la giornata e quali profili seguire per recapitare una notifica all’utente (che a sua volta dovrebbe ricambiare il gesto) e poi, a distanza di qualche giorno, revocare l’azione.
Dei veri e propri robot che svolgono il lavoro al posto dell’utente reale.
Molti utenti tendono a spendere soldi in app di terze parti per acquistare follower, likes, commenti e visualizzazioni, per mostrare ai propri follower e a chi sta pensando di diventarlo, l’influenza che hanno sul social network.
Mostrare i muscoli, anche se sono di cartone.
Ho reso l’idea?
È la nuova riprova sociale, quella effimera sensazione di notorietà, anche se non corrisponde ad una reale cerchia di seguaci.
Nulla di grave, se non fosse che sull’influencer Marketing piccole e grandi aziende costruiscono intere strategie di marketing.
Era arrivato il momento di mettere un po’ di ordine a questa giungla.
BYE BYE FAKE INFLUENCER
La stessa Chiara Ferragni, Regina degli influencer (hai letto il nostro articolo su Chiara?), è stata recentemente al centro di un social gossip, promosso da Rolling Stone (leggi qui l’articolo) che aveva dimostrato che parte dei suoi follower – circa il 35% – fossero profili di dubbia originalità. Nel loro articolo c’è un’interessantissima analisi su come i nuovi vip acquistino followers con pochi dollari, per aumentare (lo fanno davvero?) la propria reputazione online.
Non che funzioni, ma vedere un vip con molti follower rafforza la leadership del personaggio.
Ciò che è certo è che l’attività di pulizia porterà qualche migliaio di sedicenti influencer a ritrovarsi con un ingente numero di follower inferiore e molto probabilmente a perdere alcuni degli sponsor che erano riusciti ad ottenere.
Sono tanti gli influencer che ottengono prodotti premio, servizi da testare, omaggi e tanti altri benefits in cambio di un po’ di visbilità allo sponsor nella propria bacheca.
Influencer e Ambassador del weekend hanno le ore contate, se l’algoritmo farà il suo dovere.
“Sin dai primi giorni di Instagram , abbiamo rilevato automaticamente e rimosso account falsi per proteggere la nostra community.
L’aggiornamento di oggi è solo un altro passo per mantenere Instagram una vivace comunità in cui le persone si connettono e condividono in modo autentico. Nelle prossime settimane avremo più aggiornamenti su ulteriori misure che stiamo prendendo per affrontare attività non autentiche su Instagram.”
Mi auguro che le promesse vengano mantenute.

Nazareno Brancatello
Sono uno dei BBrothers.
La mia giornata si (s)compone tra letture, strategie digitali, test, scrittura, social media e slide.
Sono un sognatore con i piedi per terra. Mi impegno per essere un punto di riferimento credibile per il mio staff e i miei clienti.
Mi occupo principalmente di copywriting e di tutte le attività editoriali del team.
Imparo ogni giorno qualcosa di nuovo sul marketing digitale che metto a disposizione dei miei clienti.