Obsolescenza Programmata: cosa significa e come cambia il consumo
Obsolescenza Programmata: cosa significa e come cambia il consumo
L’Antitrust italiano ha multato Apple e Samsung, per obsolescenza programmata.
Scopriamo cos’è, in che modo è vantaggiosa per le aziende a discapito dei consumatori.
«L’AGCM – acronimo di Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato – ha accertato che le società del gruppo Apple e del gruppo Samsung hanno realizzato pratiche commerciali scorrette in violazione degli artt. 20, 21, 22 e 24 del Codice del Consumo in relazione al rilascio di alcuni aggiornamenti del firmware dei cellulari che hanno provocato gravi disfunzioni e ridotto in modo significativo le prestazioni, in tal modo accelerando il processo di sostituzione degli stessi».
C’è bisogno che vi spieghiamo la nota ufficiale?
È sufficientemente chiaro che tanto Apple quanto Samsung – e chi può dirlo, probabilmente anche altre società Hi-tech – in un primo momento pubblicizzino prodotti resistenti a traumi, liquidi e “infortuni” di ogni sorta, promuovendo processori, sistemi operativi, componenti di ultimissima generazione e creando nell’immaginario del consumatore l’idea di effettuare un vero e proprio investimento a tempo indeterminato.
Il costo ingente di un device è giustificato con la sua presunta longevità e l’alta qualità dei servizi ottenuti.
Tuttavia ognuno di noi potrebbe raccontare una storiella molto simile. Dopo qualche mese dall’acquisto di un prodotto, ecco che all’uscita dell’ennesimo aggiornamento del software le cose iniziano a cambiare. In peggio.
Il device è lento, le applicazioni si aprono in ritardo, la batteria si esaurisce velocemente lasciandoci “in panne” a metà giornata.
Viviamo schiavi di cavetti e carica batterie, sbuffando ad ogni schermata bianca dello smartphone in attesa che il lancio di un app si completi.
Come è possibile che uno strumento da 600-800-1.000 € con qualche mese di vita alle spalle sia già così poco performante?
OBSOLESCENZA PROGRAMMATA
Seppure la nota ufficiale dell’AGCM non lo dica espressamente (leggi qui il comunicato stampa del 24 ottobre 2018), le due società sarebbero state pizzicate con le mani nella marmellata.
Un vasetto scuro con su scritto Obsolescenza Programmata.
Il rilascio di alcuni aggiornamenti, infatti, provocherebbero gravi disfunzioni e ridurrebbero le prestazioni dei cellulari o di altri apparecchi, generando in questo modo la sensazione nel consumatore che sia arrivato il momento di sostituire il proprio smartphone con uno nuovo.
Ecco, magari proprio quello lanciato sul mercato con non poca eco mediatica, giusto qualche giorno prima che il device cominciasse a fare cilecca.
Non acquisteremmo dunque il nuovo prodotto perché migliorerebbe realmente le nostre vite, il nostro lavoro, offrendoci di più.
Lo faremmo semplicemente perché non più soddisfatti di quello in uso.
Quella dell’Antitrust è ad oggi ritenuta una sentenza storica, perché mette un punto sull’egemonia delle grandi società tutelando il diritto del consumatore a beneficiare di un bene per il tempo che realmente ritiene opportuno.
La “costrizione” all’acquisto e l’imposizione subdola a rimanere al passo con il mercato avevano condotto milioni di persone a cestinare prodotti eccellenti in favore di nuovi apparecchi non così dissimili da quelli scartati.
Alla faccia del consumismo!
Apple e Samsung si sono arrese? Macché!
Mentre la prima non si è ancora espressa ufficialmente, Samsung ha già diramato la sua nota ufficiale nella quale rigetta l’accusa e annuncia il ricorso, sottolineando la volontà societaria di offrire sempre la miglior esperienza possibile ai propri clienti.
UN MALE “ANTICO”
L’obsolescenza programmata non è una novità sul mercato.
La necessità di tenere sempre vive le vendite ed evitare cali, soprattutto per chi produce prodotti resistenti e poco deteriorabili, ha già spinto in passato società illustri ad accorciare la vita del prodotto.
Philips, ad esempio, ridusse la vita delle lampadine ad incandescenza (non proprio ieri quindi) da 2500 a 1000 ore. Oltre la metà del tempo, tradotta in una maggior frequenza d’acquisto.
Anche per questo motivo la commissione UE ha da tempo inserito una direttiva sull’ecodesign nei regolamenti comunitari, volta a spingere i prodotti a sviluppare una produzione duratura e più facilmente riparabile, proprio per contrastare un consumismo pericoloso su molti fronti.
EVITARE LA MALATTIA
Impossibile.
Proviamo a pensare a quanto spesso queste aziende rilasciano aggiornamenti dei software.
Fermiamoci a riflettere su come le app si interfacciano tra loro, e quanto sia necessario che, laddove un’applicazione sviluppi tecnologia avanzata (la realtà aumentata né è un esempio), le aziende siano costrette a supportare con device sempre più prestanti.
Questo vuol dire che al di là di un’invecchiamento voluto e programmato, la tecnologia si evolve ad una velocità inarrestabile, tanto da rendere effettivamente “vecchio” un qualsiasi supporto nel giro di qualche anno.
Sul banco d’accusa non va l’obsolescenza, che è caratteristica di ogni cosa. Qualsiasi lavatrice, frigorifero, tv o computer è destinato ad esaurirsi.
È la programmazione della durata ad avere il dito puntato, la decisione a priori di rendere “limitato” qualcosa che viene invece pubblicizzato come indistruttibile o che “durerà per sempre”.
LA SOLUZIONE “FAI DA TE”
Abbiamo una buona notizia: L’obsolescenza programmata può essere sconfitta grazie al fai-da-te.
Se non caschi nella trappola dell’effetto alone e desideri essere autonomo nella gestione hardware del tuo smartphone, ti consigliamo di guardare questo video del 28 Ottobre andato in onda su Italia 1.
Alice Martinelli ci spiega un metodo alternativo per “combattere” l’obsolescenza programmata.
Adesso ti propongo un piccolo esperimento.
Apri il cassetto dei ricordi, degli oggetti vecchi.
Quel cassetto in cui conservi gelosamente il walkman del liceo o le candeline del tuo diciottesimo compleanno.
Quanti vecchi telefonini vi conservi?